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Parrocchia Mater Dei.
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Orientamenti pratici e praticabili.

UN DECALOGO PER VIVERE BENE NEL MONDO VIRTUALE

Alcuni orientamenti pratici e praticabili.

 

1. Valorizza la comunicazione informatica. Conosci i nuovi mezzi di comunicazione per saperli padroneggiare. Essi “sono «tra le cose meravigliose» — «inter mirifica» — che Dio ci ha messo a disposizione per scoprire, usare, far conoscere la verità, anche la verità sulla nostra dignità e sul nostro destino di figli suoi, eredi del suo Regno eterno”.[1] Bisogna essere consapevoli dei problemi umani legati alla comunicazione virtuale per prevenirli o, almeno, per farsi aiutare. E non basta l’uso e il consumo ma occorre ambientarci nel nuovo mondo virtuale in cui viviamo. Per questo sarà utile partecipare a iniziative specifiche di formazione. “I cristiani devono tenere conto della cultura mediatica in cui vivono” per “integrare il messaggio salvifico nella ‘nuova cultura’ che i potenti strumenti della comunicazione creano e amplificano”; per questo ci vuole una “vasta opera formativa per far sì che i media siano conosciuti e usati in modo consapevole e appropriato”. [2]  Infatti, “senza una adeguata formazione si corre il rischio che i media, invece di essere al servizio delle persone, le asserviscano e condizionino in maniera determinante”.

2. Coltiva l’interiorità per non acquisire un’identità debole e superficiale. La nuova cultura virtuale presenta una visione frammentata della realtà. La realtà e la verità si trovano immerse nel mare di tante visioni e verità presentate come assolute. La verità è sostituita dall’opinione. L’offerta indistinta di tutto e del suo contrario è a portata di un click. I valori e i fatti di una persona o di una istituzione si trovano posti a confronto con mille altri, spesso contrari. Al sito della Chiesa si affiancano i moltissimi siti di chiese, di religioni, di sette e di “favole profane” (1Tm 4,7) e “artificiosamente inventate” (2Pt 1,16). Il relativismo è una facile conseguenza di questa cultura e, con esso, la debolezza di identità personale.
La comunicazione virtuale può favorire la superficialità. Risèrvati tempi di silenzio e di riflessione per far emergere la dimensione interiore e trascendente della tua persona. La comunicazione virtuale è immediata e rapida nei messaggi. Metti nel tuo progetto personale tempi (apparentemente) in-utili al fare e al dire, ma utili alla contemplazione e al discernimento. La comunicazione virtuale offre informazioni e opinioni di ogni tipo, tutte sullo stesso piano, contando più sull’effetto dell’impressione che sulla riflessione e l’analisi della realtà. Per vederci chiaro, integra sempre le conoscenze virtuali con l’esperienza tua, delle persone e dei fatti.

3. Sii esploratore e non nomade. Il nomadismo è un atteggiamento tipico che si sviluppa nel mondo virtuale. Nella rete si naviga, si esplora, si è sempre in movimento da un sito all’altro, da un mondo all’altro. È bello. Ma può diventare un guaio. Il nomadismo della rete può diventare anche uno stile di vita: si passa con facilità da un’esperienza all’altra, da una relazione all’altra, da un’appartenenza all’altra. Sii esploratore che ha una propria identità (casa, affetti, progetti) e non un nomade che ha solo se stesso, qui e ora. Il nomadismo porta all’indifferenza, alla solitudine, all’abuso, alla prevaricazione.

4. Comunica quello che sei. Noi comunichiamo soprattutto quello che siamo. Si può quindi essere grandi fruitori ed esperti della comunicazione virtuale, ma trasmettere la propria mediocrità e meschinità oppure l’onestà e la vita bella.
Nel mondo virtuale non basta comunicare il Vangelo e i valori spirituali come fossero un’ideologia, come una maschera, un look, un avatar.[3]
La nostra attrattiva (client appeal, non sempre misurabile dai “mi piace”) anche virtuale sta nella testimonianza di quello che viviamo e sperimentiamo. Vivere una vita bella nella vita quotidiana è, da un punto di vista comunicativo, molto più importante di tutti i siti web, radio, televisioni o giornali che possiamo avere, perché di fatto comunichiamo quello che siamo.

5. Educa la tua volontà al bene.  Le reti sociali (social network) hanno reso possibile l’interattività aperta, in contemporanea e da luoghi distanti, oltre le mura della casa di comunità e dell’opera. In internet, possiamo andare dove vogliamo e con chi vogliamo. Non c’è da chiedere permesso e nemmeno da avvertire. Non c’è la mamma o il superiore che ti chiede “dove vai?”, “cosa hai fatto?”. Non c’è altro controllo che quello della tua responsabilità personale. Perciò, illumina la ragione ed educa la volontà al bene fin da piccolo, e poi permanentemente, perché nel mondo dei personal media hai la possibilità di fare quello che vuoi. Anche il male. Anche il tuo male. Sai bene che nel virtuale è coinvolta la tua intelligenza, la tua volontà e, pertanto, le tue azioni e relazioni virtuali sono umanamente e moralmente rilevanti.

6. Gestisci e ordina il tempo. È enorme e ancora statisticamente in aumento il tempo occupato da giovani e adulti con i mezzi informatici. Conseguentemente, un altro orientamento riguarda la gestione del tempo della propria vita.
Oggi, di fatto, puoi telefonare, chattare, navigare mentre sei a tavola, o al lavoro, a letto o anche in chiesa. È impossibile dare regole uguali per tutti o anche solo un galateo. Ma è indispensabile che, personalmente e in famiglia, si stabiliscano delle regole e delle priorità per gestire il tempo mettendo ordine e progetto nella propria vita. Il tempo è vita. Nella gestione del tempo manifestiamo chi siamo e che vita facciamo.

7. Sii persona trasparente. Essere persona significa dire e manifestare la propria identità. Nelle relazioni virtuali è possibile prescindere, nascondere e anche cambiare la propria identità personale. In internet e nei social network, evita il passo falso e fatale di coltivare relazioni nell’anonimato proprio e altrui, l’uso di maschere e di avatar sostitutivi. Ogni contatto avvenga a partire dal riconoscimento di un volto e di un'identità personale. Sono nefaste le conseguenze di una second life (altra vita, altra personalità) virtuale che sdoppia e disintegra la personalità.
Essere persona trasparente nel mondo virtuale significa poi – prendo le parole da Benedetto XVI - "testimoniare con coerenza nel proprio profilo digitale e nel modo di comunicare, scelte, preferenze, giudizi che siano profondamente coerenti con il Vangelo, anche quando di esso non si parla in forma esplicita".[4] Non dobbiamo essere ipocriti o esibizionisti nei nostri siti, blog, mail, video-conferenze, nemmeno a fine di bene: “il vostro comunicare sia ‘sì sì’ e ‘no no’ ” (Mt 5,37).

8.Cerca l’esperienza oltre l’informazione. C’è tanto spreco di tempo e di risorse nella comunicazione di ogni tipo e, ancor più, in quella informatica! Quello che è comunicato spesso non viene recepito; ciò che si recepisce a volte non diventa riflessione feconda; quello su cui si riflette spesso non diventa vita. Come spezzare questa catena di infruttuosità che scoraggia la comunicazione? C’è un detto popolare “non puoi mangiare una frittata se prima non rompi l’uovo”. La ricchezza nutritiva di una frittata è rinchiusa dentro l’uovo. È evidente che se si lascia lì, mai diventa un cibo delizioso e nutriente; anzi, prima o poi, si imputridisce, il suo contenuto diventa sgradevole e da buttare. L’uovo è la vita concreta, è l’esperienza reale. Dal guscio della comunicazione occorre far uscire l’esperienza di vita. La bontà della frittata – sia essa elaborata con un sito internet, con “quattro parole con le amiche” o con una predica della domenica -, dipende sempre dalla bontà dell’esperienza da cui proviene. Occorre però rompere il guscio, andare a quello che sta dentro, con la riflessione e il confronto per farne uscire i contenuti. Non basta lo sguardo o un giudizio superficiale per trasformare l’informazione in nutrimento.

9. Integra il contatto virtuale con quello diretto e fisico. Certamente il mondo virtuale non è parallelo ma è parte della realtà quotidiana. E lo sarà sempre più. È parte del tessuto dell’esistenza. È parte ma non tutto. È un’espansione nuova e potente di informazione e di dialogo. Integra però le relazioni virtuali con le relazioni dirette e fisiche con le persone e la natura.[5] È importante ricordare sempre che il contatto virtuale non può e non deve sostituire il contatto umano diretto con le persone a tutti i livelli della nostra vita.
I media diventano una tentazione quando ci distraggono dalle relazioni quotidiane, di casa, quelle dateci dalla Provvidenza e dalla vita quotidiana, offrendoci quelle virtuali; quando ci distolgono da quelle che chiedono sacrificio per scegliere quelle che fanno piacere; quando attenuano o rompono le relazioni coniugali (di famiglia, di lavoro, di parrocchia… e ci inducono a scegliere quelle più attraenti, meno impegnative, che possiamo spegnere quando vogliamo con un clic o mettendo l’indirizzo nel cestino o tra le spam. Non avvenga che dedichi più tempo alla comunità di facebook, o simili, che alla tua famiglia o ad altri tipi di comunità. Dobbiamo essere attenti a mettere gerarchia e priorità nelle nostre relazioni per evitare distorsioni e cadere nella malnutrizione relazionale.

10. “Gettate la rete” (Gv 21, 6) o, per dirla con Don Orione, “Facciamoci il segno della croce e buttiamoci nel fuoco dei tempi nuovi” del mondo virtuale. Quest’ultimo punto interessa a chi entra nella rete virtuale con l’atteggiamento del “testimone della grazia che mi è stata concessa”, del missionario.[6] Certo vanno conosciuti i problemi, vanno evitati i rischi, ma dobbiamo avere un atteggiamento “apostolicamente fiducioso”, “né presuntuosi né conigli”, ma “con criteri e spirito largo. Tutte le buone iniziative siano in veste moderna, pur di seminare e arare Gesù Cristo nella società”. È Don Orione che si esprime così.
Cosa possiamo fare, personalmente e istituzionalmente, per essere “fari di fede e di civiltà”, per comunicare il Vangelo e l’esperienza della nostra vita “bella” mediante i nuovi linguaggi? Occorrerà, innanzitutto, ambientarci nel nuovo mondo virtuale in cui viviamo. Ogni missionario impara la lingua del posto in cui va, perché è condizione indispensabile per la sua missione. L’uso della comunicazione virtuale è necessario alla nostra missione nel mondo virtuale in cui viviamo. Diversamente, ci sentiremo timidi e paurosi, fuori posto e fuori epoca.

       Don Flavio Peloso


[1] Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica del 24 gennaio 2005, Il rapido sviluppo, 14.

[3] L'avatar è un'immagine scelta per rappresentare la propria identità in comunità virtuali, luoghi di aggregazione, discussione, o di gioco on-line. Il termine è stato popolarizzato da un film di grande successo.

[5] Mi ha colpito una osservazione di Jonah Lynch nel libro Il profumo dei limoni. Tecnologia e rapporti umani nell’era di Facebook, Lindau, Torino, 2011. “Cosa centrano limoni con la tecnologia?”, si chiede l’autore. “Un limone colto dall'albero ha la scorza ruvida. Se la si schiaccia un po' esce un olio profumato e d'improvviso la superficie diventa liscia. E poi c'è quel succo asprigno, così buono sulla cotoletta e con le ostriche, nei drink estivi e nel tè caldo! Tatto, olfatto, gusto. Tre dei cinque sensi non possono essere trasmessi attraverso la tecnologia. Tre quinti della realtà, il 60%. Questo libro è un invito a farci caso”.

[6] Gv 21, 6; la rete virtuale è un nuovo ambito di apostolato ed è anche un nuovo strumento di apostolato.

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