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Parrocchia Mater Dei.
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Autore: Flavio Peloso

Ne parla anche il Catechismo della Chiesa Cattolica.

Il passaggio di un discorso “a braccio” di Papa Francesco al Convegno pastorale della diocesi di Roma, dà l’occasione di toccare il tema del giusto rispetto e cura verso gli animali. Papa Francesco, che spesso si rifà ad esperienze di vita quotidiana disse: “Ho conosciuto tante famiglie che preferivano – ma per favore, non accusatemi, perché non voglio offendere nessuno – preferivano avere due o tre gatti, un cane invece di un figlio. Perché fare un figlio non è facile, e poi, portarlo avanti… Ma quello che più diventa una sfida con un figlio è che tu fai una persona che diventerà libera. Il cane, il gatto, ti daranno un affetto, ma un affetto “programmato”, fino a un certo punto, non libero. Tu hai uno, due, tre, quattro figli, e saranno liberi, e dovranno andare nella vita con i rischi della vita. Questa è la sfida che fa paura: la libertà”.

San Francesco di Assisi guardava il sole, la luna, gli animali più piccoli, l’acqua, il vento, e tutto lo portava a cantare la bellezza e la bontà di Dio; coinvolgeva nella sua lode tutte le altre creature con le quali entrava in relazione.

La cultura biblico-cristiana ha portato una visione positiva di tutto il creato e delle sue creature. Questa visione è riassunta brevemente in alcuni numeri del “Catechismo della Chiesa Cattolica” che costituiscono il riferimento per valutare e animare al rispetto degli animali. 

2415 Il settimo comandamento esige il rispetto dell'integrità della creazione. Gli animali, come anche le piante e gli esseri inanimati, sono naturalmente destinati al bene comune dell'umanità passata, presente e futura. L'uso delle risorse minerali, vegetali e animali dell'universo non può essere separato dal rispetto delle esigenze morali. La signoria sugli esseri inanimati e sugli altri viventi accordata dal Creatore all'uomo non è assoluta; deve misurarsi con la sollecitudine per la qualità della vita del prossimo, compresa quella delle generazioni future; esige un religioso rispetto dell'integrità della creazione.

2417 Dio ha consegnato gli animali a colui che egli ha creato a sua immagine.  È dunque legittimo servirsi degli animali per provvedere al nutrimento o per confezionare indumenti. Possono essere addomesticati, perché aiutino l'uomo nei suoi lavori e anche a ricrearsi negli svaghi. Le sperimentazioni mediche e scientifiche sugli animali sono pratiche moralmente accettabili, se rimangono entro limiti ragionevoli e contribuiscono a curare o salvare vite umane. 

2418 È contrario alla dignità umana far soffrire inutilmente gli animali e disporre indiscriminatamente della loro vita. È pure indegno dell'uomo spendere per gli animali somme che andrebbero destinate, prioritariamente, a sollevare la miseria degli uomini. Si possono amare gli animali; ma non si devono far oggetto di quell'affetto che è dovuto soltanto alle persone”.

La creazione è “cosa buona” voluta da Dio e affidata all’amorevole responsabilità dell’uomo. Va però evitata una equiparazione degli animali con le persone umane.  Gli animali hanno una coscienza?
Gli animali hanno certamente una certa memoria e una innata abilità; possono trovare soluzioni pratiche in situazioni concrete che richiedono una certa “scelta” di mezzi per raggiungere i fini che l’istinto assegna loro. Sono tuttavia incapaci di prendere le distanze nei confronti di sé stessi per cogliere un oggetto come tale o la loro propria esistenza come un tutto, sono incapaci di “intus-legere”, di “leggere” negli esseri e nelle cose. Ciò non toglie che sappiano esprimere comportamenti di affetto e di fedeltà che crescono sempre più con l’educazione del loro istinto e delle loro abilità.

Cani e gatti – e anche altre specie di animali – a volte si inseriscono nei ritmi e nelle relazioni di una persona, di una famiglia, di un compito. Per quel rispetto che ogni creatura merita e anche per il movimento di affetto che cresce nella persona che familiarizza, capita che alcuni animali siano circondati di cure speciali, di un’attenzione privilegiata.

È giusto nutrire e curare cani e gatti con amorevolezza. “Si possono amare gli animali; ma non si devono far oggetto di quell'affetto che è dovuto soltanto alle persone” (n.2418).
Se si arriva ad acquistare cibi molto costosi, addirittura “abiti” firmati, se si giunge ad avere con loro quei tratti che sono specifici ed esclusivi delle relazioni umane tali comportamenti diventano segni di un giudizio e di un comportamento poco equilibrato. Per quanto ci si affezioni ad animali domestici che sanno essere compagni di vita fedeli e affettuosi, non vanno equiparati… ad amici e parenti. A volte, anche il linguaggio con cui si parla dell’animale e all’animale attribuisce, di fatto, uguaglianza tra animale e persone.

Certe esagerazioni producono effetti che vanno chiaramente contro il vero rispetto degli affettuosi animali domestici, e non solo. Che dire delle violenze comportamentali che si impongono alla natura propria dell’animale in nome di un male inteso affetto e cura? A volte, si riversa sull’animale, di per sé addomesticabile e impotente a reagire, il proprio esibizionismo, le proprie carenze affettive, si fa del cane o gatto un “placebo” dei propri problemi. Non è giusto fare di essi dei piccoli idoli, a cui si sacrificano beni (tempo, denaro, persone che passano in secondo piano…) in modo sconsiderato. Ci sono delle logiche affettive e anche di mercato che dirigono sugli animali tanti beni che potrebbero andare a persone vicine e lontane da aiutare.

Saldi nella verità: la cura e anche l’affetto per gli animali sono buoni e sono rispettosi se sono misurati sulla natura specifica di ciascun animale, con le sue potenzialità e i suoi limiti.

Un’ultima parola sugli animali in Chiesa. Anche qui, ci vuole equilibrio e buon senso, rispetto degli animali ma anche rispetto dell’assemblea di persone e del tipo di evento in cui si introducono animali. Ci sono precise regole che proibiscono l’introduzione di  animali in tanti altri ambienti umani (teatro, negozi, alberghi…) e valgono normalmente anche in chiesa. Le eccezioni, che eventualmente si fanno, confermano la regola che la chiesa non è il loro posto.

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