Per tutta la Chiesa è una solennità. Per Roma è festa di precetto e festa civile.
A Roma è festa di precetto, cioè i cristiani sono impegnati a partecipare alla Santa Messa come nelle Domeniche.
Nella Parrocchia Mater Dei, le Messe sono come nell'orario festivo: ore 19 (28 giugno); 9, 11 e 19 (29 giugno).
Un solo giorno è consacrato alla festa dei due apostoli. Ma anch'essi erano una cosa sola. Benché siano stati martirizzati in giorni diversi, erano una cosa sola. Pietro precedette, Paolo seguì. (Sant’Agostino)
La solennità odierna è antichissima: è stata inserita nella liturgia romana ancora prima di quella di Natale. Nei secolo IV si celebravano già tre messe: una in san Pietro in Vaticano, l’altra in san Paolo fuori le mura, la terza alle catacombe di san Sebastiano dove furono probabilmente nascosti per un certo tempo, all’epoca delle invasioni, i corpi dei due apostoli.
“La festa di San Pietro è la festa del Papa e, per questo, assurse a festa dei cattolici. Essa è precisamente la nostra Festa Patronale”, così scriveva San Luigi Orione. Con Sant'Agostino affermava che “Pietro è la personificazione dell'universalità e dell'unità della Chiesa”.
Quando veniva a Roma, don Orione sempre andava alla basilica di san Pietro a inginocchiarsi e pregare sulla tomba di Pietro e poi passava a baciare il piede e a mettere la sua testa sotto il piede che sporge della statua bronzea di san Pietro, che sta sulla destra della navata centrale.
A tutti raccomandava: "Parliamo volentieri di chi tanto amiamo, del Papa: parliamo della Sua autorità, dell'obbedienza che gli dobbiamo, della sapienza delle Sue disposizioni, della devozione che si deve al Papa. Il nostro Credo è il Papa, la nostra morale è il Papa; il nostro amore, il nostro cuore, la ragione della nostra vita è il Papa. Per noi il Papa è Gesù Cristo: amare il Papa e amare Gesù è la stessa cosa; ascoltare e seguire il Papa è ascoltare e seguire Gesù Cristo; servire il Papa è servire Gesù Cristo; dare la vita per il Papa è dare la vita per Gesù Cristo!" (Lettera del 5 gennaio 1928; Scritti, 52,66).