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Parrocchia Mater Dei.
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Apputi di situazione e di azione pastorale.

DIO A MODO MIO

Quale tipo di pastorale è possibile nelle parrocchie oggi?

 

Annoto alcuni elementi dello studio “Dio a modo mio”[1] sui Millennials, cioè la generazione di coloro che sono nati fra i primi anni Ottanta e l'inizio degli anni Duemila. Cosa caratterizza il loro atteggiamento verso Dio e verso la comunità cristiana?

 

 

Quale tipo di pastorale è possibile nelle parrocchie oggi?

Dalla mia esperienza pastorale in una piccola porzione del Quartiere Monte Mario di Roma, vedo che la pastorale deve tenere conto di due aspetti che caratterizzano la vita reale delle persone:

  • frammentarietà della vita delle persone, sia di luogo che di tempi, ritmi e orari molto pressanti; di interessi individuali e mutevoli;
  • fluidità di vita: di orari, poca residenza e più mobilità, molti contatti ma poche relazioni, difficoltà a dare continuità di tempo e responsabilità di presenza in parrocchia.

In questo quartiere si comprende cosa significa “società liquida” e, di conseguenza, e anche cosa significa pastorale liquida, cioè fatta di contatti, di relazioni personali multiple, di servizi pastorali individuali, ma con poche possibilità di “strutturarli”, di “consolidarli”, di testimonianza dei cristiani nell’ambiente dove sono come “lievito nella massa”.


Che tipo di vita parrocchiale attuare in tale contesto?

1. Naturalmente, occorre: a) curare al meglio possibile, quanto è strutturato e consolidato nella nostra Parrocchia attorno ai tre nuclei: le attività liturgiche-sacramentali, il catechismo dei bambini, l’attività di carità materiale (poveri) e spirituale (malati, anziani, soli); b) sostenere altre aggregazioni specifiche presenti in parrocchia come i gruppi di catechesi adulti, cammino dei giovanissimi, gioco dei ragazzi nel campetto, gruppo teatrale, scuola di musica, OrionTour gite, ecc.; c) farne sorgere di nuove.

Questo risponde a una dinamica di vita parrocchiale sempre valida e indispensabile. Ma linee più specifiche e adeguate nel nostro contesto sociale attuale di Monte Mario sono:

2. Dare molto valore e attenzione alle relazioni personali; ogni contatto, anche occasionale, è prezioso - se è significativo, carico di umanità e di Dio - da parte dei sacerdoti e di ogni cristiano.

3. Profittare di tutte le opportunità di aggregazione, di relazione che si presentano: feste di famiglia e di bambini in parrocchia, battesimi, genitori che si avvicinano tutte le settimane (anche solo pochi minuti) per portare e riprendere i bambini del catechismo, i bambini piccoli con badante/genitori nel giardino, feste di condominio, frequenza alle palestre del primo piano, visite nelle famiglie, momenti di preghiera negli appartamenti, incontro con anziani e malati… sono tutte “occasioni di pastorale” per fare “pastorale delle occasioni”: questa è la “pastorale liquida”.

4. In altre parole è una “pastorale per contatto” con quella persone (con vita molto frammentata e fluida) che altrimenti sono difficili da raggiungere, praticabile da tutti i cristiani della Parrocchia. Spesso si pensa alla pastorale come alle attività della parrocchia (dentro e fuori le mura): questa è solo una parte, e oggi minima. La pastorale più importante e decisiva è quella dei cristiani “lievito nella massa”, mischiati nelle famiglie e negli uffici, nelle vie e nei condomini, con un lievito di vita bella cristiana da trasmettere nel contatto quotidiano ordinario. Se il fermento evangelico c’è, opera. Se non c’è, non può essere supplito da altre attività, strutture e organizzazioni. Soprattutto in una società liquida come la nostra.


Papa Francesco in Evangelii Gaudium 28, dice che “La parrocchia è presenza ecclesiale nel territorio, ambito dell’ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell’annuncio, della carità generosa, dell’adorazione e della celebrazione”. Ma questo non è tutto e nemmeno il più: “Attraverso tutte le sue attività, la parrocchia incoraggia e forma i suoi membri perché siano agenti dell’evangelizzazione”. Come a dire: la vita parrocchiale è il laboratorio, la sorgente di energia, il luogo di formazione, ma l’evangelizzazione è fuori: “Attraverso tutte le sue attività, la parrocchia incoraggia e forma i suoi membri perché siano agenti dell’evangelizzazione”.

 

[1] Indagine a cura delle sociologhe dell’Università Cattolica Rita Bichi e Paola Bignardi. Non si tratta di una indagine quantitativa, a risposte multiple e schematiche, ma di colloqui di circa un’ora su una griglia di temi.

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