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Parrocchia Mater Dei.
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Non solo tradizioni da rispettare. Non vanno né sopravvalutate né sminuite. Ma sono una bellezza.

LE INDULGENZE

Non solo tradizioni da rispettare.
Non vanno né sopravvalutate né sminuite.
Ma sono una bellezza.

 

Flavio Peloso

Ognuno di noi ha dei ricordi riguardanti le Indulgenze. Forse del periodo scolastico ricorda la controversia sulle indulgenze esplosa poi con Lutero e la rottura protestante. O forse ricorda le immaginette (i santini), che riportavano determinate preghiere o pratiche di pietà con la scritta “100 giorni di indulgenza”, “500 giorni di indulgenza”. Ci sarà chi è fedele al “Perdon d’Assisi” a cui è assicurata l’indulgenza plenaria”, o chi sa che c’è una indulgenza legata alla Via Crucis. Tutti sanno che durante l’anno del Giubileo c’è l’indulgenza visitando le Basiliche di Roma, o la Cattedrale o altre Chiese della Diocesi.

Ma cosa sono queste indulgenze? Sono degli sconti sulla santità passati di sottobanco rispetto a sacramenti, a carità e responsabilità morale? Sono orgoglio di chi pretende anche da Dio? O sono creduloneria su cui fanno soldi i preti e i commercianti d’ogni tipo?

Deve trattarsi di cosa seria se, delle Indulgenze, la Chiesa ha elaborato una pratica e una dottrina durante tutto il corso della sua storia. Ne parla in documenti importanti anche recenti: Indulgentiarum doctrina di Paolo VI (1967) fino ai recenti documenti per il Giubileo, Incarnationis mysterium. La chiesa ha tenuto aggiornato un libro, l’Enchiridion Indulgentiarum, dove sono raccolte dottrina, norme e pratiche per lucrare – sarebbe questa la parola esatta – le Indulgenze. L’ultima edizione aggiornata è datata 16 luglio 1999. Non spaventi il titolo difficile, chiamatelo pure “Manuale delle Indulgenze”. E’ un libro di 120 pagine per tutti. C’è tutto quello che volete sapere sull’argomento, senza attaccarvi ai “sai, mi hanno detto che”, senza lasciarvi intimidire dai “credi ancora a quelle cose?”, e nemmeno tenervi i dubbi dentro a causa di una risposta troppo sbrigativa del “Don”.

Per capire, bisogna partire dalla parola di Gesù: “Tutto ciò che scioglierete… che legherete…” (Mt 16,19). Oltre alla piena potestà di condonare i peccati e le pene eterne dei peccati, Cristo ha dato alla sua Chiesa anche la facoltà di condonarne le pene temporali. Cosa sono queste “pene temporali”?

Dal peccato si esce soltanto attraverso un lungo cammino di purificazione: il pentimento e la riconciliazione sacramentale sono il momento fondamentale del ritorno al Signore. Ma è necessario anche un paziente e umile cammino di identificazione e sradicamento di tutte le capillari radici di disordine che il peccato introduce nella nostra vita.

L'Indulgenza nasce in questo contesto: è un aiuto nel cammino per ricostruire l'equilibrio e l'armonia nella personalità cristiana. L’indulgenza è anch’essa una espressione della “grazia misericordiosa, indulgente” di Dio. La Chiesa ha il potere di trasmetterla mediante dei segni “sacramentali”, da non confondere con il “sacramento”. Il sacramento, infatti, è efficace ex opere operato, cioè indipendentemente dai propri meriti e dai meriti della Chiesa, solo per l’opera di Cristo; i “sacramentali”, invece, sono efficaci ex opere operantis, cioè per le opere di Cristo innanzitutto, ed anche della Madonna e dei Santi, della Chiesa e di tutti gli uomini che vivono in stato di grazia.

Questo patrimonio di bene – costituito dalle ricchezze della carità, delle sofferenze e delle penitenze cui ciascuno può aggiungere qualcosa – forma il “tesoro della Chiesa” che, Madre generosa, essa offre e distribuisce a tutti, perché essa ha la “chiave” del tesoro. Le opere per l’acquisto (brutta parola, al tempo di Lutero ed anche oggi!) delle indulgenze non sono che un segno e un contributo per ricevere “qualcosa” da quel “tesoro della Chiesa”. Insomma, più che ad un distributore automatico di bibite od altro, per farsi una idea di questo "fondo comune” cui attingere e contribuire, bisognerebbe pensare alla “cassa pelota” o alle “casse di mutuo soccorso”. Bene inteso, c’è già stato Uno che vi ha depositato un Capitale a fondo perduto inestimabile.
 

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Dal Codice di Diritto Canonico, cann. 992-4:

L’indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della chiesa, la quale, come ministra della redenzione, dispensa ed applica autoritativamente il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei Santi.

L’indulgenza è parziale o plenaria secondo che libera in parte o in tutto dalla pena temporale dovuta per i peccati.

Ogni fedele può lucrare per se stesso o applicare ai defunti a modo di suffragio indulgenze sia parziali sia plenarie.

 

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Dal Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 1472-3

Per comprendere questa dottrina e questa pratica della Chiesa bisogna tener presente che il peccato ha una duplice conseguenza. Il peccato grave ci priva della comunione con Dio e perciò ci rende incapaci di conseguire la vita eterna, la cui privazione è chiamata la “pena eterna” del peccato. D’altra parte, ogni peccato, anche veniale, provoca un attaccamento malsano alle creature, che ha bisogno di purificazione, sia quaggiù, sia dopo la morte, nello stato chiamato Purgatorio. Tale purificazione libera dalla cosiddetta “pena temporale” del peccato. Queste due pene non devono essere concepite come una specie di vendetta, che Dio infligge dall’esterno, bensì come derivanti dalla natura stessa del peccato. Una conversione, che procede da una fervente carità, può arrivare alla totale purificazione del peccatore, così che non sussista più alcuna pena [Cfr. Concilio di Trento: DS 1712-1713; 1820].

Il perdono del peccato e la restaurazione della comunione con Dio comportano la remissione delle pene eterne del peccato. Rimangono, tuttavia, le pene temporali del peccato. Il cristiano deve sforzarsi, sopportando pazientemente le sofferenze e le prove di ogni genere e, venuto il giorno, affrontando serenamente la morte, di accettare come una grazia queste pene temporali del peccato; deve impegnarsi, attraverso le opere di misericordia e di carità, come pure mediante la preghiera e le varie pratiche di penitenza, a spogliarsi completamente dell’“uomo vecchio” e a rivestire “l’uomo nuovo” [Cfr. Ef 4,24].

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