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Parrocchia Mater Dei.
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Autore: Luigi Orione

Don Orione fu un appassionato cultore e divulgatore della vita e degli atti dei martiri dei primi secoli cristiani. Vi trovava quegli esempi e quelle motivazioni di carit? eroica, di fede pura, di speranza di vita eterna che lo nutrivano e che avrebbero potuto ben formare la coscienza e il carattere dei suoi Figli della Divina Provvidenza.

Si ciment? a scrivere una passio di Sant'Agnese, vergine e martire all'epoca della persecuzione di Diocleziano (303-313), imitando lo stile di questo particolare genere letterario che trasmise la memoria dei martiri ed educ? generazioni cristiane lungo i secoli.
Le passiones erano amplificazioni devote delle fonti storiche che colorivano la sostanza dei fatti con dettagli che esaltavano la straordinariet? e la soprannaturalit? degli eventi legati al martirio dei santi, allo scopo di suscitare nei lettori e negli uditori un moto di ammirazione e di imitazione.

Don Orione riusc? benissimo nella narrazione secondo questo stile. Il testo originale ? tutto autografo (Scritti 56, 230-242), con molte correzioni, indice di una attenta elaborazione. A Don Sterpi, direttore della Tipografia Emiliana di Venezia, il 28 dicembre 1924, scrisse: ?Sto dando l'ultima mano alla Vita di S. Agnese. Di essa Santa avete il clich?? (Scritti 15, 146).
Risulta che Don Orione attinse a informazioni sicure, perch? il racconto intreccia le notizie delle varie fonti della storia di Sant'Agnese: il Carme di Papa Damaso (366-384), il testo del De virginibus di sant'Ambrogio (337-397), il Peristephanon del poeta cristiano spagnolo Prudenzio (340-405), la Passio latina (che prende come base della narrazione) e la Passio greca del V secolo. (Flavio Peloso)

Sant'Agnese Vergine e Martire

(Fonte d'archivio: Scritti 56, 230-242)

 

Tutti i popoli cristiani, dice San Gerolamo, sono concordi nel celebrare le lodi di Sant'Agnese Vergine e Martire.

Tra quella fulgida schiera di Vergini che illuminò del suo martirio l'aurora del Cristianesimo nascente, la soave figura di Agnese risplende di luce veramente celeste.

Essa seppe trionfare della debolezza dell'età sua come della crudeltà del tiranno, e coronò la gloria della castità con quella del martirio.

Onde è stata sempre invocata insieme con la Madre di Dio e con Santa Tecla per ottenere la virtù della purezza.

  Roma fu il campo delle sue battaglie e delle sue vittorie, poco tempo dopo ch'era cominciata la persecuzione che l'imperatore Diocleziano riaccese nel 303 dopo Cristo, persecuzione ferocissima, nella quale il numero delle vittime fu così grande che quell'età fu detta l' era dei martiri .

Ella non aveva che 13 anni, quando diede la vita per Cristo: «bellissima del corpo, ma più bell'anima», scrisse Sant'Ambrogio, il grande Vescovo di Milano nel libro della Verginità; e Sant'Agostino, nel suo discorso 274, nota che il nome di Agnese in lingua greca significa casta e in latino vuol dire agnello.

A 13 anni, splendida di innocenza e di virginea bellezza, figlia d'una delle prime famiglie del patriziato romano e ricchissima, sprezzò le lusinghe e le minacce di molti giovani, della prima nobiltà che l'avevano richiesta in sposa, e, in mezzo un mondo pagano e vizioso affermò intrepida la sua fede cristiana e la sua virtù, forte davanti al tiranno, più forte ancora davanti all'onta d'una turpitudine senza nome di chi voleva disonorarla e bruttarla di sporcizia. Onde Dio fu con lei a custodirla e a difenderla, e l'eroica fanciulla uscì illibata e bella come un giglio per fiorire in eterno avanti a Gesù suo sposo.

A Lui Ella aveva consacrata la sua verginità: a Lui il suo cuore e la vita, offrendo serena al carnefice «il bianco collo donde il sangue spiccò vermiglio come le rose», e fu Sposa Martire di Cristo.

Papa Damaso e Sant'Ambrogio nel IV secolo la celebrarono di tali lodi che la voce loro passò i secoli e giunse sino a noi come un inno dolcissimo.

Prudenzio il più grande de' poeti latini cristiani, nel secolo V, ne cantò, in uno dei più bei carmi, il candore e la fortezza indomita: candore del martirio e la morte gloriosa.

La soave figura di Agnese ispirò a gara poeti e artisti, si può ben dire dal dì del suo natalizio in cielo sino a noi. Basiliche e chiese belle di mosaici, di arte, di marmi furono edificate in onore di Lei.

Il Beato Angelico la dipinse nella Incoronazione della Vergine che è a Louvre; Andrea Del Sarto nel Duomo di Pisa; Duccio nel Duomo di Siena; lo Spagnoletto nel quadro ch'è nel Museo di Dresda il Domenichino nel dipinto che si trova nella Pinacoteca di Bologna.

Andrea della Robbia la ritrasse nelle sue terrecotte verniciate, il Ferrata la scolpì mentre impavida attraversa le fiamme del rogo dov'essa doveva ardere.

La Chiesa usa porre nelle mani de' suoi Martiri quasi trofei di vittoria lo strumento del loro martirio. S. Paolo tiene la spada perché di spada morì; S. Bartolomeo Apostolo tiene in mano la pelle perché venne scorticato vivo; Sant'Andrea la croce, perché su la croce morì; S. Stefano porta in grembo le pietre onde fu lapidato; S. Lorenzo Diacono ha la graticola perché fu abbruciato su di una graticola vivo; S. Caterina Vergine e Martire è raffigurata con una ruota a punte perché da essa viene barbaramente martirizzata; Sant'Appollonia tiene nelle mani una tenaglia con i denti, perché con tenaglia le sono stati strappati uno a uno tutti i denti.

I mosaici più antichi e venerandi ci rappresentano Sant'Agnese in ricco manto gemmato cinto il capo di corona con ai piedi il fuoco e la spada, strumenti del suo martirio.

  Agnese era fanciulla di età, ma di senno come persona adulta. Come raggio di cielo la bellezza le risplendeva nel viso, ma più bella aveva la fede e il candore.

Tornando Agnese dalla scuola il figlio del prefetto di Roma la vide e desiderò averla in sposa. I genitori di lui andarono a quelli di Agnese domandando la mano della fanciulla. E si presentarono con larghi e ricchi doni e maggiori ne promisero. Ma com'ella vide quei preziosi monili, non li apprezzò ma li guardò quasi vilissima cosa.

Allora quel giovane malgrado il rifiuto che S. Agnese aveva fatto dei ricchi presenti, più forte si accese dell'amore di Agnese, e pensando ch'ella volesse doni migliori e più preziosi di quelli, le presentò ogni gloria di pietre preziose e lui personalmente e a mezzo de' suoi genitori e di distinte persone, amiche e conoscenti. E tutte le prometteva le ricchezze della sua casa, le sue possessioni, servi e schiavi senza numero e tutte le delizie di questo mondo, purché non persistesse nel rifiuto e consentisse d'essere sua sposa.

Allora la beata Agnese rispose a quel giovane, e gli disse:

Non stancare le mie orecchie, va e lasciami in pace. Io non vivo del cibo della morte, né mi nutro delle passioni di questo mondo e del peccato. Pàrtiti da me, poiché da altro sono stata amata prima di te. Egli tutta mi ha adornata di ornamenti e di gioie assai migliori che non sono questi doni tuoi. E mi ha fidanzata e sposata coll'anello della sua fede e del suo cuore. E di lignaggio è molto più nobile di te e di maggiore dignità. E ha ornata la mia testa del più bell'ornamento e ha circondato il mio collo e le braccia di pietre preziosissime e similmente di sua mano ha posto alle mie orecchie le perle più ricche

Tutta mi ha coperta di gemme preziose e corruscanti, e nel mio volto ha gettato lo splendore del suo spirito e un segno suo onde nessun altro io ami se non lui.

Le vestimenta che mi ha offerto sono tessute d'oro e di monili preziosissimi: il suo tesoro ch'egli m'ha aperto dinanzi non ha il simile, e m'ha detto ch'esso sarà mio se io persevererò né suoi comandi e nel suo amore.

E come dunque potrei volgere il mio occhio ad un altro e lasciare lui col quale sono sposata da soavissimo e divino amore, mentre egli risplende di tutte le ricchezze e di bellezza sovrumana?

Egli mi ha già preparato un gran palazzo: già sono pronti i suoni e i canti dolcissimi e un coro di vergini con voci bianche e soavissime cantano e festeggiano le mistiche nozze.

Dalla sua bocca già ho ricevuto il miele della carità e il latte della soavità divina. Solo chi lo ama e chi in qualche modo lo conosce sa quanta dolcezza e soavità ei diffonde. Da lui sono stata abbracciata da casti amplessi e il sangue di lui ha imporporato le mie guance. E la sua Madre è Vergine, ed è la più umile e più alta donna.

A lui servono gli Angioli, e della sua bellezza se ne meravigliano il sole e la luna: al suo odore risuscitano i morti: al suo tatto si confortano gli infermi e le sue facoltà e dovizie non scemano mai.

A Lui solennemente io servo fede e a lui con divozione e amore senza limite mi abbandono. Come io l'amo, sono pura: come io lo tocco, sono monda, come io lo piglio, sono vergine.

Allora, udendo questo, quel pazzo giovane, accecato dalla passione, e abbattuto nell'animo e pur nel corpo da grande sconforto si gittò sul letto mandando grandi sospiri, né voleva prender più cibo. Onde si dovettero chiamare i medici ai quali aperse il cuore, manifestando la ragione della sua angustia. E i medici ne parlarono a suo padre.

Questi non aveva altro figliuolo e amava quello più della vita sua. Onde tosto si portò dalla vergine Agnese e a lei e ai genitori suoi rinnovò la proposta di matrimonio pel figlio suo disponendosi in ogni miglior offerta.

E ripeté più ampiamente e con più autorità quanto il figlio già aveva detto e profferto. Ma Agnese rispose che per nessun modo lo voleva perché non voleva negare il primo sposo, al quale aveva promesso e giurata la fede.

Allora il padre di quel giovane, che era poi anche prefetto di Roma, fece cercare chi fosse lo sposo che Agnese tanto amava, per conoscere se fosse di maggiore dignità di lui, ch'era il prefetto della città. E uno dei parassiti, cioè di quelli che andavano di frequente in casa di lui a pranzi e cene gli riferì che Agnese era cristiana sino dalla puerizia, e tanto ammaestrata e avanti nella religione che diceva che Cristo è il suo sposo.

Udendo questo il prefetto si rallegrò tutto il cuor suo, poiché gli parve d'aver trovato il modo di poter riuscire nell'intento sospirato. E subito sue mandò a chiedere di Agnese perché tosto ella comparisse dinanzi al suo tribunale. E la fanciulla essendo venuta, il prefetto cominciò a lusingarla in segreto con parole piene di affabilità, poi trascorse a dirle parole terribili di minaccia.

Ma la vergine di Cristo non si lasciò smuovere né si turbò per le parole di minaccia, anzi neanche mosse il capo né il volto suo cambiò colore, ma stette imperturbata impavida - coll'animo fermo sia alle parole di lusinga come a quelle terribili di minacce. E di tutto in cuor suo si rideva.

Allora Simproniano, il prefetto, vedendo tanta costanza in una fanciulla, parlò ai genitori di lei, i quali erano nobili, ma non riuscì a convincerli, ché gli ripetevano ch'essi non la potevano forzare. Il prefetto trascese a furore e li accusò della colpa d'esser cristiani.

E il dì seguente Simproniano comandò che gli fosse condotta innanzi Agnese e da capo le parlò del figlio e dell'amore che le portava e cercò blandirla lusingandola con molte parole Ma la beata Agnese poco rispose, e di tutti quei discorsi se ne rideva.

Vedendo il prefetto che tutto quello ch'egli diceva erano parole buttate al vento, sedendo pro tribunale , cioè valendosi della sua autorità, poiché prima gli aveva parlato come privato, comandò che Agnese gli fosse presentata dinanzi al consiglio, credendo di spaventarla. Ma s'ingannò.

La nobile donzella anche avanti al giudice mostrò in un corpo debole e delicato, animo intrepido che non agognava che al martirio.

Tu sei cristiana, incantatrice di arti magiche. Ma se non lascerai le superstizioni dei Cristiani, non potrai liberarti da quella pazzia che ti invade né dare ascolto ai miei saggi consigli. È necessario che tu adori e sacrifichi alla dea Vesta, e se ti piace di perseverare nella verginità, fa pure, ma dovrai dì e notte far sacrificî alla dea Vesta.

Allora Sant'Agnese rispose:

O prefetto, se io ho ricusato il tuo figliuolo che benché preso da umana passione, pure è un vivente, uomo che ha la ragione, che vede ode e va e gode insieme con i buoni la bellezza di questa luce che Dio fa splendere sui buoni come sui cattivi - eppure io per l'amore che ho giurato a Cristo non lo posso guardare, in che modo vuoi che possa adorare gli idoli, sordi e muti, che non hanno anima né sentimento, e far ingiura al sommo Iddio, adorando le pietre e dicendo: o idoli il mio Dio siete voi?

Udito questo, Simproniano prefetto disse:

«Voglio lasciar tempo alla tua età inesperta. Sospendo dal punirti mentre tu hai l'ardire di bestemmiare gli Dei, ho riguardo ai tuoi anni con senso di pietà. Pensa a' casi tuoi né voler tanto disprezzare te stessa che non abbia da incoglierti l'ira degli dei».

E la beata Agnese gli rispose:

Non guardare al mio corpo giovane e debole, perché la fede non sta negli anni, ma nel sentimento, e Iddio onnipotente accetta più l'animo e la mente buona che gli anni. Quanto a' tuoi Dei, de' quali temi che io non abbia a incorrere nel loro sdegno, lascia pur che s'adirino, anzi fammi il piacere, comanda loro che aprano la bocca e parlino: mi ordinino essi di prestar loro onore e adorazione.

Ma già vedo che tu a loro domanderesti quello che non potresti avere, perché non sono che pezzi di sasso o di legno, quindi fa un po' quello che tu vuoi.

Il prefetto montò su tutte le furie, e le disse:

Eleggi, o giovinetta, de' due partiti quale tu vuoi: o sacrifica a Vesta, o ti faccio trascinare fra donne di mala vita in una casa di disonestà e di turpitudine.

Ma a lui la beata Agnese con serenità e costanza rispose:

Se tu sapessi qual'è il mio Dio, non pronunceresti queste parole. E perché io so la virtù del Signore mio Gesù Cristo, sono sicura e non temo le tue minacce. Sappi dunque che io non sacrificherò a' tuoi idoli, e non sarò contaminata dagli uomini viziosi perché ho con me l'Angelo di Dio che mi guarda e difende.

E l'Unigenito Figliuolo di Dio che tu non conosci, sta avanti a me come muro di bronzo che non si può passare, ed è mia guardia che mai non dorme. Egli è il mio difensore.

I tuoi Dei non sono che figure di metallo o pezzi di pietra lavorata, e domani andranno infranti e serviranno a selciare le strade per evitare il fango.

Iddio non sta nelle pietre, per quanto lavorate, ma è in cielo: non sta nei metalli, ma nel regno superno.

E tu, o Simproniano e quelli che come te sono dati all'adorazione degli idoli se non abbandonerete la v/ idolatria finirete nel fuoco come i vostri Dei di metallo che andranno ad essere fusi: poiché come essi e così sarà di quelli che li adorano: essi saranno dal fuoco ardente consumati e confusi in eterno.

Allora quel giudice senza vergogna, fece eseguire la minaccia che le aveva fatta. Comandò ch'ella fosse menata ad un luogo di peccato e di infamia, e uno con la tromba le andava innanzi suonando a chiamar gente e poi a gran voce gridava:

Agnese, vergine sacrilega, ha bestemmiato gli Dei, e per questo è condannata al luogo pubblico delle donne di malavita.

Ma ecco che mentre le strappavano di dosso gli abiti per spogliarla e farle oltraggio, di subito i suoi capelli crebbero tanto e in tanta quantità per un miracolo di Dio che pareva fosse coperta insino a terra, e le stavano meglio che una veste.

E spinta la beata Agnese nel luogo turpissimo ella vi trovò l'Angelo di Dio che la circondò di luce immensa, acciò nessuno, per quel grande splendore, la potesse vedere né appressarsele.

La celletta dove la beata Agnese fu messa risplendeva come il sole quando in tutto il suo fulgore abbagliante è in pieno mezzodì. E quanto più quelli che le stavano attorno cercavano di vederla, tanto più i loro occhi erano adombrati che non la potevano vedere. Onde agli stessi giovani che erano corsi per infame passione, furono compresi da tal rispetto che non osarono farsele appresso.

E stando sant'Agnese in orazione, pienamente fidata all'altissimo Iddio, apparve innanzi a lei una veste candidissima. Ed ella la prese e di essa si vestì; e disse:

Grazia ti rendo, o Signore mio Gesù Cristo, che mi hai annoverata nel numero delle tue ancelle, e hai comandato che io avessi questo vestimento meraviglioso.

E quell'abito era a misura del corpo della beata Agnese, ed era candido più che la neve, e non v'è dubbio che era stato fatto e apparecchiato dalle mani degli Angeli.

E allora quel turpe luogo diventò come una chiesetta, e tutti quelli che v'erano entrati adoravano Iddio e Lo ringraziavano di quello splendore immenso, e uscivano fuori mondi più che non v'erano entrati.

E mentre avvenivano queste cose, il figlio del prefetto, che era stato causa di questa scelleraggine, venne di corsa anche lui a quel luogo con altri giovani rotti al vizio degni compagni suoi, quasi per assaltare quella fanciulla. E avendo mandato innanzi quegli iniqui giovinastri, vedendo che uscivano pieni di ammirazione e di venerazione, giudicandoli deboli e facili e lasciarsi suggestionare, ridendosi di loro, entrò sfrontatamente in quel luogo dove la beata Agnese pregava, e vedendo quella luce attorno ad essa, non diede onore a Dio, ma si gettò in quella luce per mettere le mani addosso alla beata, ma innanzi che la sua mano giungesse a lei, egli cadde a terra colle mani al volto, colpito da cecità e il diavolo lo strozzò e così morì.

E i suoi compagni che l'aspettavano di fuori ch'egli stava molto ad uscire credettero ch'egli fosse riuscito al mal fare. E un compagno suo de' più sfacciati volle entrare per rallegrarsi con lui, ma come appena fu entrò che trovò il figlio del prefetto steso a terra e morto. Allora a gran voce gridò:

Aiuto! correte! Questa strega con arti magiche ha ucciso il figlio del prefetto.

A quelle grida corse molto popolo e ciascuno diceva la sua. E chi diceva: “Agnese è una maga incantatrice”, e altri: “Ell'è sacrilega”. Altri poi: “E' innocente!.

E subito corse voce al prefetto che il suo figlio era morto, onde con grande furia e pianto venne ove il figliuolo suo giaceva morto e con grandi grida diceva alla beata Agnese:

«O perfida crudelissima, fra tutte le femmine, che hai sfogato le tue arti magiche sul mio figliuolo!».

E dicendo queste ed altre imprecazioni voleva sapere la causa perché gli aveva ucciso il figliuolo.

Disse allora la beata Agnese:

Colui al quale il tuo figliuolo voleva togliermi contrastando alla sua volontà, esercitò in lui il suo terribile potere. Mentre invece quelli che qui sono entrati e mi hanno rispettato dando onore a Dio sono usciti sani e salvi.

L'Angelo del Signore mi vestì di questo candido vestimento, ed è la misericordia di Dio che così mi ha vestita ed ha difesa la mia virtù, poiché è sin dalla culla che io sono stata offerta e consegnata a Cristo.

E tutti quelli che videro lo splendore dell'Angelo tutti si partirono senz'essere puniti, ma questo tuo figliuolo imprudente, fremendo stese la mano verso di me, e l'Angelo di Dio lo ricacciò indietro accecato e morto.

Allora il prefetto disse ad Agnese:

Ebbene, qui apparirà che non coll'arte magica tu hai morto il mio figlio, e però prega l'Angelo che voglia restituirmi il figlio risuscitato e sano.

E la beata Agnese rispose:

Non certo per i meriti vostri io potrò impetrare da Dio tanto prodigio, ma perché è tempo che la divina virtù del mio Signore Gesù Cristo si manifesti. E però uscite tutti fuori, ed io sola starò in orazione.

Ed essendo tutti usciti di quella celletta, sant'Agnese si prostrò a terra in orazione, e incominciò a pregare il Signore che risuscitasse quel giovane.

E mentre la beata Agnese pregava, apparve a Lei l'Angelo di Dio, le asciugò le lacrime le confortò l'animo, e risuscitò quel giovane.

Il figlio del prefetto si lanciò subito fuori e incominciò a gridare e a dire:

«Uno è Iddio, unico e vero, in cielo e in terra e in mare, ed è il Dio de' Cristiani. E tutti gli Dei sono divinità false e bugiarde, inventati dagli uomini, né possono ajutare quelli che li adorano non possono aiutare né se né quelli che li adorano.

A quelle voci tutti i falsi sacerdoti e pontefici de' templi pagani molto si turbarono e sobillarono il popolo e ci fu un grande commovimento nel popolo.

E la gente gridava:

Uccidete la maga, uccidete la malefica che trasforma e cambia il cuore e gli animi degli uomini».

Il prefetto, vedendo il miracolo del figlio risuscitato e temendo ad un tempo l'ira dei falsi pontefici e del popolo, ondeggiò e gli parve di non poter liberare né difendere la Santa. E si fece un sostituto, lasciandogli l'incarico di sedare il tumulto. E poi se ne partì con tristezza, perché dopo che Agnese gli aveva restituito il figlio, egli non la potea difendere dal furore popolare.

Il vicario, nominato dal prefetto, si chiamava Aspasio. Egli comandò che fosse acceso un gran fuoco in presenza di tutti e che la piccola Agnese fosse gittata nel mezzo di quel fuoco. E l'ordine fu tosto eseguito. Ma le fiamme si divisero in due parti, di qua e di là, e la beata Agnese vi stava in mezzo, e non sentiva nessun incendio né ardore, e il fuoco non le fece nessun male.

Allora il popolo - che molte volte è pecora e si lascia condurre dagli arruffa popoli - con altissime voci cominciò a gridare: non è Dio che fa questo, ma è l'arte magica e sono gli incantesimi della strega.

E intanto la beata Agnese, essendo in mezzo del fuoco, distese le sue mani al cielo, e pregò il Signore così:

O Dio Onnipotente, solo degno d'essere adorato e temuto e amato: Padre del Signore mio Gesù Cristo, io ti benedico.

Per il tuo Figliuolo benedetto e Sposo mio Gesù Cristo io fui liberata dagli uomini empî e la sporcizia del diavolo non mi ha lordata. Ed ecco ora per lo Spirito Santo è scesa la rugiada celeste ad irrorare il fuoco e il fuoco intorno a me si è spento, e la fiamma divisa, e l'incendio è andato ad abbruciare coloro che lo avevano acceso per me.

Io ti benedico, Padre che sei né cieli, ma sei pur vicino a noi su la terra, e ti prego da queste fiamme che tu mi lasci venire a te poiché quello che io credo già lo vedo: quello nel quale spero già lo tengo e quello che ho desiderato già l'ho abbracciato. Io ti confesso colle parole, colle opere e col cuore, e vivamente ti desidero con tutta l'anima e la vita mia.

Ecco che vengo a te, che sei vivo e vero Iddio, il quale col Signore Nostro Gesù Cristo e con lo Spirito Santo vivi e regni ora e sempre pei secoli dei secoli. Amen.

E finita che ebbe questa preghiera, tutto il fuoco fu spento, Allora Aspasio, vicario della Città di Roma, vedendo che il popolo continuava ad agitarsi e tumultuava né lo si poteva frenare, la condannò ad essere decapitata.

La vista del carnefice incaricato dell'esecuzione della sentenza, riempì Agnese di gioia: «Non così, dice Sant'Ambrogio, novella sposa, lieta nel volto, presta nei passi, s'affretta verso lo sposo desiderato, com'essa s'incamminò al luogo del suplicio.

Il carnefice si provò ancora per farla cangiare dal suo proposito, secondo le secrete istruzioni ch'egli aveva avuto: Ella rispose costantemente che non avrebbe mai tradito la fede che aveva giurato al suo Sposo celeste.

Dopo ciò si pose brevemente a pregare, Indi chinò la testa per adorare Dio come per ricevere il colpo che coronò il suo martirio.

Gli spettatori non poterono trattenere le lagrime, vedendola in quella età fanciulla carica di catene, e intrepida spirare sotto la mano tremante del carnefice. E dato il colpo, dal suo collo d'avorio uscì il sangue come rose vermiglie.

In questo modo consacrò Cristo la sposa sua Agnese, sua Vergine e Martire.

E i genitori di lei non ebbero nessuna tristezza ma con tutto il gaudio presero il suo corpo e lo portarono a una loro possessione non molto lontana dalla città di Roma, sulla strada di Nomento ond'è anche oggidì chiamata: Via Nomentana. E là ella fu sepolta il XXI Gennaio. E a quella tomba gloriosa concorreva tutta la turba de' cristiani.

Allora i pagani, vedendo questo, ponevano agguati per assalirli a sbandarli. E i fedeli, vedendo venire sopra di loro i pagani armati, fuggivano, e i pagani li prendevano a sassate e molti ne ferirono anche a morte.

Emerenziana, sorella di latte di Sant'Agnese era vergine santissima, ma ancora catecumena, cioè solo iniziata ai misteri della fede cristiana, ma non ancor battezzata.

Di frequente ella veniva a pregare su la tomba di Sant'Agnese senza timore, e a quelli che venivano contro di lei diceva: O miseri, vogliate riconoscere Iddio onnipotente il quale è in cielo e in terra e in ogni luogo, e non uccidete quelli che lo confessano e adorano, né vogliate più colle pietre lapidare uomini innocenti e giusti solo perché vengono qui a pregare.

E dicendo Emerenziana queste e simili parole, quegli uomini perfidi la lapidarono, a colpi di sassi, mentre, ancora catecumena, pregava, stando in ginocchio sul sepolcro di Sant'Agnese, rendé lo spirito a Dio.

E non è dubbio ch'ella nel suo sangue non fosse battezzata, perché sostenne la morte e il martirio, costantemente confessando il Signore e perdonando a' suoi carnefici. Il suo nome è nel martirologio di San Gerolamo, di Beda, etc, ed ella ricevette la corona del martirio verso l'anno 304.

In quell'ora ch'essa venne uccisa vi fu un grande terremoto. Il cielo che era molto sereno, in un baleno si velò e caddero tante saette e tuoni e pioggia così dirotta che la maggior parte di quelli che facevano quelle ingiurie a' Cristiani morirono. E da allora nessuno diede più molestia a quelli che andavano a' sepolcri de' santi Martiri.

E, dopo questo, vennero i genitori di Sant'Agnese con sacerdoti, la notte, e presero il corpo della vergine Emerenziana e lo seppellirono in un campo, vicino al corpo di Agnese. E i parenti di Sant'Agnese venivano ogni notte al sepolcro della loro Santa, e una notte videro un grande esercito di Angeli.

Ma erano vergini tutte vestite di seta bianchissima trapunta d'oro che con grandissimo lume andavano processionalmente cantando.

E fra quelle videro la beata Agnese, vestita di umile veste e sul suo braccio destro portava un agnello candidissimo. Allora i genitori della beata Agnese stavano intenti a guardare la loro figliuola che splendeva più che una stella viva del cielo ed erano stupefatti di tanta bellezza v'era tutta raggiante la loro figlia e come un Angelo

E Sant'Agnese pregò quelle vergini che erano con Lei che si fermassero un poco, e disse a' suoi parenti «Guardate e vedete: come morta voi mi piangete, ma godete e allietatevi con me: poiché io con tutte queste ho avuto un trono splendente e sono in cielo congiunta con Colui che in terra con tutta l'anima mia ho desiderato e amato». E dette queste parole, la visione disparve.

E questa visione da tutti quelli che la videro fu pubblicamente divulgata.

E, dopo alquanti anni, data pace alla Chiesa da Costantino Magno, la figliuola di lui, Costanza udendo narrare questa visione da quei medesimi che l'avevano veduta, ebbe fede e grande speranza d'essere guarita da certa sua incurabile malattia che le aveva ricoperta tutta la persona come d'una sola piaga.

Era questa principessa ancora idolatra, niente di meno coll'animo credeva, e si fece portare una notte sul sepolcro di santa Agnese, vergine e Martire, e pregò con umile fede e fervore. E, permettendolo Iddio, pregando si addormentò. E vide in visione la beata Agnese in quel modo che le era stato detto. E a lei la Santa disse: Sta di buon animo, o Costanza, e credi che il Signor nostro Gesù Cristo, figliuolo di Dio è il tuo salvatore. Ecco, Egli in questo momento ti ha guarito.

Costanza si svegliò sana. E non rimase sul suo corpo nessun segno di malattia, e pareva che mai avesse avuto alcun male.

E tornando a palazzo sanissima, dal padre suo che era imperatore e da' suoi fratelli fu fatta gran festa. E tutta la città di Roma fece allegrezza, e i soldati e tutto il popolo e anche fuori Roma a quanti giunse la notizia del miracolo.

E la religione de' gentili restava confusa e veniva abbandonata, e la fede nel Signor Nostro Gesù Cristo si andava sempre più propagando nell'impero romano.

E fu allora che Costantino, il Grande, e i fratelli di Costanza ordinarono che sul sepolcro di Sant'Agnese si innalzasse una Chiesa a suo onore.

E la fama della Santa si andò diffondendo nella Chiesa, e tutti quelli che credevano andavano al suo sepolcro ed erano guariti da ogni infermità che avevano.

Costanza, figlia dell'Imperatore Costantino, perseverò nella sua verginità e dietro di essa, molte vergini nobili e altre presero il Sacro velo. E poiché la divozione a Sant'Agnese si va anzi sempre più intensificando molte fanciulle sotto gli auspicî di Sant'Agnese si consacrano al Signore, e perseverando nella via delle cristiane virtù senza dubbio che acquisteranno la palma della vittoria.

Papa Onorio I (+ 648) nel settimo secolo fece ristabilire la chiesa di Sant'Agnese. Essa sussiste ancora fuori delle mura di Roma ed è officiata dai Canonici Lateranensi. È basilica minore, ed è titolo cardinalizio.

In ogni anno, nel giorno di Sant'Agnese, vi si benedicono due agnelli, che vengono dopo portati al Papa, il quale pure dà loro la sua benedizione. Della lana di questi agnelli si fanno i pallî che il Papa manda agli Arcivescovi e ai Vescovi che occupano sedi privilegiate. Questi pallî sono il simbolo della dolcezza e della purità che devono risplendere nei pastori della Chiesa di Gesù Cristo.

Sotto il Pontefice Paolo V (1552 - 1621) fu aperto il Sepolcro e si fece la ricognizione delle Reliquie della Santa. Paolo V donò una bellissima arca in cui furono riposte anche le reliquie di S. Emerenziana.

La chiesa magnifica di Santa Agnese alla bellissima piazza Navona in Roma venne innalzata da Innocenzo X (+ 1655) è posta in quel luogo ove si ritiene essere stata tentata la virtù della Santa.

La festa di Sant'Agnese è notata in tutti i Martirologi di oriente e d'occidente. Gli antichi Sacramentarî di Gelasio e di San Gregorio commemorano Sant'Agnese. Sant'Ambrogio, Sant'Agostino e altri Padri hanno fatto splendidi panegirici a questa cara Santa. San Martino di Tours aveva per essa una divozione particolare.

In molti passi delle opere del celebre Tommaso da Kempis si parla de' miracoli e grazie ricevute mercé l'intercessione di Sant'Agnese.

In essa risplende e si esalta l'eccellenza delle verginità.

Dio abita di preferenza nel cuore dei vergini.

Questa virtù ci fa belli agli sguardi di Dio come gli angeli ed è per essa che l'uomo si eleva e si avvicina a Dio

Ecco perché i vergini senza macchia sono specialmente chiamati a seguire l'Agnello di Dio, e hanno il privilegio di accompagnarlo ovunque egli vada. Essi cantano un inno che nessun altro può cantare.

La virtù avrà il suo premio in ogni stato, dice Sant'Ambrogio, ma la corona dei Vergini sarà più risplendente.

Ed è facile comprenderne la ragione perché ricompensa così grande è serbata ai puri: perché le vittorie che la bella virtù riporta incontra maggiori difficoltà e vuole sforzi più eroici.

Però essa non è mai appieno perfetta se non va congiunta a profonda umiltà e a divina carità.

E queste umili pagine furono stese a edificazione delle fanciulle e a lode e a gloria di Gesù Cristo, Signor Nostro Agnello di Dio e mistico Sposo delle anime – Amen.

 

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