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Parrocchia Mater Dei.
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Nella foto: Torino, giugno 1889. Oratorio salesiano di Valdocco .
Autore: Alessandro Belano
Pubblicato in: Don Orione oggi n.5/2016

Si tratta di una delle prime foto di Don Luigi Orione. Risale al giugno del 1889, nel cortile dell’oratorio salesiano di Valdocco (Torino).

L’attesa, prima del balzo

di Alessandro Belano

 

  Una delle prime foto di don Luigi Orione. Un giorno imprecisato del mese di giugno del 1889, nel cortile dell’oratorio salesiano di Valdocco (Torino). Luigi Orione ha completato lodevolmente il corso ginnasiale e fra poco rientrerà in famiglia, a Pontecurone. È la foto ricordo, a chiusura dell’anno scolastico. Il gruppo fotografico è composto da una sessantina di giovani e da alcuni sacerdoti, tra i quali, seduto al centro, intento a leggere, è “il signor don Rua”, direttore spirituale dei ginnasiali e futuro successore di don Giovanni Bosco. La posa degli allievi è quella classica: decine e decine di giovani sono raggruppati, con lo sguardo fisso in avanti, in attesa dello scatto. Volti robotici, congelati nelle loro uniformi grigie. Pensieri indecifrabili, sigillati in volti anonimi che nascondono un futuro di speranze e desideri. Defilato, sulla destra, un indistinto che si distingue. È l’unico dei giovani che sta leggendo: il capo è piegato, gli occhi bassi, lo sguardo attento sul testo aperto, l’espressione assorta. È Luigi Orione, di anni diciassette. Ha scelto di farsi ritrarre in questo singolare atteggiamento: riservato e pudico, indifferente al richiamo della camera oscura. Riferisce uno dei giovani di quella fotografia: “Nel Collegio di don Bosco a Torino, presso Maria Ausiliatrice, mi trovai circondato da gran numero di alunni. Tra quelli però che attrassero maggiormente la mia attenzione, per spirito religioso e per bontà e modestia di carattere, fu il giovane Luigi Orione di Pontecurone. Su lui si vedeva delineata una singolare pietà, mista a una semplicità e letizia che attraevano veramente la mia attenzione. Il giovane Orione era fra noi come una piccola lampada ardente che chiamava e attirava i compagni al bene, con la forza del suo esempio” (Carlo Bottazzi, futuro sacerdote salesiano).

Resta un piccolo mistero: che cosa sta leggendo, nell’occasione, il giovane Orione? Ce lo riferisce lui stesso, molti anni dopo: “I doveri degli uomini”, di Silvio Pellico. Non è il solo libro che Luigi Orione tiene tra le mani in quegli anni. Un curioso particolare, rivelato dall’interessato, ci informa sulle altre sue preferenze letterarie giovanili: “Quando ero da don Bosco era difficile poter leggere i Promessi sposi. Io però li stimavo così tanto che ne comprai una copia con trenta pietanze. Quaranta pietanze diedi per la Divina Commedia”. Dante batte Manzoni per dieci pietanze.

  Questo spirito di interesse per il bello, il buono e il vero, unitamente all’avversione per l’ozio e lo spreco del tempo gli resterà come segno distintivo nel corso della vita. È nota la raccomandazione che il Fondatore era solito rivolgere ai suoi chierici: “Le vostre mani non devono stare mai ferme... Dovete avere sempre qualche cosa: una scopa, un libro, la corona del Rosario. Nulla dies sine linea, nessun giorno deve passare senza un’opera buona, senza un’opera ispirata a una fede attiva”. Si tratta dello stesso identico spirito vissuto dal giovane diciassettenne che ritroviamo distillato dentro una foto ingiallita. Un concentrato di riflessione e attenzione che, a suo modo, rivela magnificamente ciò che quel giovane si appresta a compiere tra qualche anno. In quel volto piegato, in quella posa silenziosa c’è la concentrazione dell’atleta di Cristo, prima della gara. La pausa silente, prima della sinfonia dell’amore. L’attesa assorta, prima del balzo sulle strade della carità.

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