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Parrocchia Mater Dei.
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Nella foto: Chierici in posa con Don Orione e il Prefetto Soprano di Alessandria, Tortona 1938.
Autore: Giovanni Marchi

Note e ricordi del Prof. Giovanni Marchi su mezzi e persone che contribuirono a trasmettere i documenti fotografici su Don Orione.

È uscito un libro, ricco di fotografie, Il volto di Don Orione , a cura di Giuseppe Umberto Maria Lo Bianco ed Enrico Casolari (Piccola Opera della Divina Provvidenza, Roma 2006), che ha ripreso l'idea e la logica espositiva di un precedente libro omonimo, del 1973, ma che, come ha ben scritto il superiore generale Don Flavio Peloso, si è arricchito di una sua fotografia spirituale, costituita da quello che hanno detto di lui i papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, tratteggiando nel modo migliore l'immagine interiore del «padre dei poveri e insigne benefattore dell'umanità dolorante e abbandonata», come si espresse Pio XII.

 

Subito dopo la morte di San Luigi Orione gli Amici di Milano avevano progettato di ricordarlo con un'opera d'arte e si rivolsero allo scultore Arrigo Minerbi che, dopo averla eseguita su richiesta dei committenti Gina e Giannino Bassetti, rievocò la genesi della statua del Don Orione morente .

 

Don Sterpi gli aveva fatto vedere il calco in gesso del capo di Don Orione, per trarne ispirazione. Lo scultore disse a voce in una conferenza e poi lasciò scritto che cosa provò a vederlo: «Mi caddero le braccia. Una povera cosa disfatta, un volto più somigliante a Beethoven che all'effigie di Don Orione sparsa ovunque nella casa. Nessuna traccia del cranio, dell'inizio dei capelli, delle orecchie, nulla! La tenni nelle mie mani in silenzio, non osando dire la cruda verità. Poi chiesi: “Non avete una fotografia della morte?” Me la porsero.

Trasalii. Ebbi la visione delle pietre tombali dei nostri Condottieri più famosi. Mi parve rivedere i lineamenti rudi e decisi di Cangrande della Scala, del Gattamelata, del Colleoni, addolciti da una luce interiore ineffabile… “Questo, questo sì, mormorai, questo è Lui. Il monumento se l'è fatto da sé!”»

La fotografia, pure da morto, era stata rivelatrice dell'anima del santo della carità.

Anche Ignazio Silone fu tra i primi a notare la straordinaria capacità espressiva di Don Orione che risaltava dalle sue fotografie, scrivendo in un articolo apparso su «Vogue Magazine» e ripreso su «Italia - San Francisco» del 27 marzo 1964 queste considerazioni:

«Il particolare più notevole della sua persona era lo sguardo, come si può notare anche da certe fotografie […] il suo sguardo era straordinario. Esso era, nello stesso tempo, benevolo e profondo, con una trasparenza che, in certi momenti, suggeriva l'idea della chiaroveggenza. In una di queste foto, in cui appare circondato da numerose donne, fra le quali anche una religiosa, le sue mani sono alzate in un gesto di saluto benedicente e il suo volto, che guarda nella direzione del fotografo, sembra davvero “uscire” dalla carta. I suoi occhi ancora guardano con “semplicità e naturalezza” oltre l'istante fissato nell'immagine, nella direzione nostra, di noi interlocutori di oggi.» (Cfr. foto p. 125 in alto, riprodotta anche nel primo fotogramma della copertina.)

Roberta Fossati, che cita queste parole nel capitolo Donne del Novecento in cammino , nel libro degli Atti del Convegno storico“Don Orione: da Tortona al mondo” (Vita e Pensiero, Milano 2004, p. 249), vi aggiunge una sua intensa riflessione:

«Un'altra foto ce lo mostra mentre cammina, con il cappello in mano, leggermente chino in avanti, teso ad ascoltare una signora che lo accompagna alla sua destra. Questa appare tutta concentrata, a sua volta, nella spiegazione o nel racconto di qualcosa che le sta molto a cuore, anch'essa un po' curva verso di lui, con una mano leggermente alzata, quasi a conferire più intensità al suo discorso. Alla sinistra, un'altra donna li accompagna. In un'altra foto ancora, scattata nella stessa occasione, si può vedere l'intero, sorridente corteo femminile che procede.»

Le foto riprendevano alcune donne genovesi della Lega Sociale in un incontro con Don Orione avvenuto nel 1939 a Tortona, al Santuario della Madonna della Guardia, dov'erano andate in pellegrinaggio e dovrebbero essere state scattate da fotografi dilettanti, come il sig. Nicolino Sciaccaluga, fratello di Don Enrico, che fu per tanti anni direttore dell'Istituto Paverano e poi economo generale della Congregazione, o l'avv. Giuseppe Sciaccaluga, autore della famosa foto in cui Don Orione dona al figlioletto Piero una medaglia.

Particolare interesse hanno le tante fotografie scattate a Genova, dove Don Orione cominciò presto a venire per incontrare i suoi amici benefattori, a iniziare dal sig. Canepa, per poi proseguire con il gen. Beaud, il conte Ravano, il sen. Boggiano Pico, il sig. Pippo Gambero, la sig.ra Angela Solari Quejrolo, il sig. Alfonso Dufour, l'avv. Domingo Rapallo, ecc. e nell'incontro settimanale a Genova ogni martedì a Santa Caterina in via Bosco, dopo il suo ritorno dall'America, in gran parte pubblicate nel volume Le mani della Divina Provvidenza – Don Orione e i Genovesi , Opera Don Orione, Genova 2004. Una bella sorpresa per me è stata quella di rivedermi bambino in due di queste foto, tra i miei compagni di Salita Angeli, alla destra di Don Orione, che ho avuto la grazia di avere come padre e guida fin dalla prima infanzia e che ha allietato e colmato di grazie la mia vita fin da fanciullo. Di Genova era anche Don Pellicciotti, una vocazione adulta, prima fotografo e pittore, che entrando in Congregazione con Don Sciaccaluga e Don Adriano Callegari, aveva portato con sé un grande apparecchio professionale di legno a soffietto, col panno nero per la messa a fuoco, che sarà poi usato da Don Florian.

Altre foto importanti sono quelle del prof. Riccardo Moretti, uno dei primi del gruppo romano degli Amici di Don Orione, che comprenderà in seguito, tra gli altri, il dott. Ferruccio Lantini, padre Stefano Ignudi, Don Brizio Casciola, l'ing. Leone Castelli, il dott. Cesidio Lolli e l'on. Giorgio La Pira. Sono poi molto belle le foto scattate da un sacerdote dell'Opera, Don Di Stefano, ch'era venuto provvidenzialmente in possesso di una Leica, con cui ha ripreso Don Orione che scrive o che sale per la scala a chiocciola dal cortile del San Filippo Neri fino al porticato, con accanto un alunno nel giorno d'inaugurazione dell'Istituto.

Un'altra famosa fotografia, degli ultimi giorni di vita, è quella di Don Giulio Florian, chiamata del bottone, che «lo ritrae rugoso e stanco, soltanto illuminato dai suoi occhi buoni e vividi», come ha scritto il fotografo stesso, che spiegava: «Don Orione non era facile a posare per fotografie, però, dopo il suo ultimo viaggio in America (1934-37), s'era fatto più remissivo e si poteva allora “arrischiare” di fotografarlo».

Molte fotografie sono fotogrammi tratte da filmetti a passo ridotto, girati da Don Pollarolo o da Don Grassi, al fondatore Don Orione che dice messa, che dà la benedizione o che passa a dire una buona parola a ciascuno dei suoi sacerdoti durante il pranzo in occasione della festa della Madonna della Guardia nel cortile del Paterno, sotto il famoso tendone, negli anni 1938 e 1939.

Si è detto che già esisteva un precedente libro di fotografie, con lo stesso titolo, Il Volto di Don Orione , stampato nel 1973, di modesta qualità grafica. Essendo esaurito, le innumerevoli e sempre crescenti richieste di fotografie, pervenute all'Archivio Storico Don Orione negli ultimi anni, hanno portato ad accogliere con favore la proposta di curare questa nuova edizione.

Nel volume si è riusciti a inserire solo una limitata scelta delle fotografie conservate nel fondo archivistico, ricco di centinaia di esemplari che vanno dal 1888 alla sua morte nel 1940. Le immagini pubblicate sono però sufficienti a dare l'idea della sua presenza piena di passione per gli uomini nel mondo. Ma la preziosità del repertorio spinge a un ulteriore lavoro che dovrà studiare in maniera approfondita tutto il materiale con l'ausilio di esperti, volti al recupero, tutela e valorizzazione di tali beni culturali, che sono patrimonio non solo della Congregazione ma della società e della Chiesa.

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