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Parrocchia Mater Dei.
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Leggiamo il Catechismo della Chiesa Cattolica.

La volontà salvifica di Dio è universale ed efficace. Certo.
La libertà dell'uomo può rifiutare l'amore di Dio. Certo.
Qui creavit te sine te, non salvabit te sine te, osservò sant'Agostino.
Chi ti ha creato senza di te, non ti salverà senza di te.

Dio perdona tutti, ma non tutti beneficiano del suo perdono se lo rifiutano. Non tocca a noi emettere giudizi o scendere in particolari, ma ci sono una ventina di passi  del Vangelo sull'Inferno, dove Gesù descrive drammaticamente le pene dell’inferno e la loro eternità, consistenti – immagini a parte – nella separazione da Dio, “sommo bene e nostra eterna felicità”.

“Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l'amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola "inferno" (n.1033).

L'apocatastasi (ristabilimento finale e definitivo di tutta la creazione, compreso il demonio, in uno stato di perfetta beatitudine) è una dottrina condannata dal Concilio di Costantinopoli II nel 553.

Benedetto XVI ha messo in guardia dalla “banalizzazione del male”. “La presunzione di salvarsi senza merito” – almeno quello dell’umiltà e del pentimento - è proprio uno di quei “peccati contro lo Spirito Santo” che, dice il Catechismo, non possono essere perdonati (n.1864).
L’esistenza dell’Inferno è la prova e la garanzia della libertà dell’uomo, che può anche rifiutare la salvezza. Se non si capisce l’Inferno non si capisce la grandezza degli atti umani e la serietà dell’amore di Dio. Certo sono un grande mistero le due verità separatamente evidenti e congiuntamente inconciliabili: la misericordia vittoriosa di Dio e il libero rifiuto dell’uomo.

Io vorrei tanto che l’Inferno fosse vuoto. Ma posso solo dire “vorrei”.

Sul tema dell’inferno invito a leggere i numeri 1033-1037 del Catechismo della Chiesa Cattolica.

 

1033. Non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente di amarlo. Ma non possiamo amare Dio se pecchiamo gravemente contro di lui, contro il nostro prossimo o contro noi stessi: "Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna" ( 1Gv 3,15 ). Nostro Signore ci avverte che saremo separati da lui se non soccorriamo nei loro gravi bisogni i poveri e i piccoli che sono suoi fratelli [Cf Mt 25,31-46]. Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l'amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola "inferno".

1034. Gesù parla ripetutamente della "Geenna", del "fuoco inestinguibile", [Cf Mt 5,22; Mt 5,29; 1034 Mt 13,42; Mt 13,50; Mc 9,43-48 ] che è riservato a chi sino alla fine della vita rifiuta di credere e di convertirsi, e dove possono perire sia l'anima che il corpo [Cf Mt 10,28 ]. Gesù annunzia con parole severe che egli "manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno. . . tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente" ( Mt 13,41-42 ), e che pronunzierà la condanna: "Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno!" ( Mt 25,41 ).

1035. La Chiesa nel suo insegnamento afferma l'esistenza dell'inferno e la sua eternità. Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell'inferno, "il fuoco eterno" [Cf Simbolo "Quicumque": Denz. -Schnöm., 76; Sinodo di Costantinopoli: ibid., 409. 411; 274]. La pena principale dell'inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l'uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira.

1036. Le affermazioni della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa riguardanti l'inferno sono un appello alla responsabilità con la quale l'uomo deve usare la propria libertà in vista del proprio destino eterno. Costituiscono nello stesso tempo un pressante appello alla conversione: "Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla Vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!" ( Mt 7,13-14 ).
Siccome non conosciamo né il giorno né l'ora, bisogna, come ci avvisa il Signore, che vegliamo assiduamente, affinché, finito l'unico corso della nostra vita terrena, meritiamo con lui di entrare al banchetto nuziale ed essere annoverati tra i beati, né ci si comandi, come a servi cattivi e pigri, di andare al fuoco eterno, nelle tenebre esteriori dove "ci sarà pianto e stridore di denti" [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 48].

1037. Dio non predestina nessuno ad andare all'inferno; [ Cf Concilio di Orange II: Denz. -Schönm. , 397; Concilio di Trento: ibid. , 1567] questo è la conseguenza di una avversione volontaria a Dio (un peccato mortale), in cui si persiste sino alla fine. Nella liturgia eucaristica e nelle preghiere quotidiane dei fedeli, la Chiesa implora la misericordia di Dio, il quale non vuole "che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi" ( 2Pt 3,9 ): "Accetta con benevolenza, o Signore, l'offerta che ti presentiamo noi tuoi ministri e tutta la tua famiglia: disponi nella tua pace i nostri giorni, salvaci dalla dannazione eterna, e accoglici nel gregge degli eletti" [Messale Romano, Canone Romano].

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