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Parrocchia Mater Dei.
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Autore: Aurelio Fusi

Intervento del Segretario generale, tenuto a Milano all'Associazione dei Medici Cattolici, sul tema Don Orione e la sua Opera in Milano.
La parte storico-carismatica è stata svolta da don Aurelio Fusi e la parte pedagogica e medica dai dott.ri Cristina Chiappella e Renzo Bagarolo.


HA APERTO LE BRACCIA E IL CUORE

Don Luigi Orione insigne modello di carità sociale ed ecclesiale

 

Don Orione è il santo della carità. Egli stesso si è definito Un cuore senza confini perché dilatato dall'amore di Gesù Cristo . Ma sono molti i santi che hanno vissuto pienamente la virtù teologale della carità cristiana, accompagnata da una profonda passione per l'uomo. Non si rischia, allora, di dire cose scontate su di Lui e che a pieno titolo si potrebbero applicare anche ad altri uomini eminenti che con la loro vita hanno segnato la società e la Chiesa ? Cosa differenzia don Orione da altri santi e che merita di essere sottolineato? Tutte queste domande mi sono passate per la mente quando ho cercato di definire gli ambiti del mio incontro con voi questa sera. Sono convinto, però, che al di là delle molte somiglianze tra i santi, tutti inseriti nell'unico alveo della santità cristiana, vi siano degli aspetti che li caratterizzano e fanno si che don Bosco non sia una copia di san Vincenzo de Paoli e don Orione non lo sia del Cottolengo.

Desidero far emergere dalla ricca personalità del nostro Fondatore due aspetti che rendono speciale la sua figura: don Orione santo della carità sociale e santo della carità ecclesiale . Per la sua passione verso gli ultimi e per le motivazioni e lo stile con cui li ha raggiunti ha tracciato nella spiritualità della Chiesa un solco, un carisma si dice con un termine più tecnico, che lo caratterizza e che non permette di confonderlo con altri santi che a prima vista sembrano aver operato come Lui.

Il cardinale Giovanni Colombo, nella memorabile commemorazione che tenne su don Orione nell'Aula Magna dell'Università Cattolica in occasione del centenario della nascita, lo paragonò all'ape laboriosa che raccoglie il nettare posandosi su fiori diversi da cui estrae il prezioso nettare; ma il miele che ne deriva non è semplicemente la somma dei molti profumi, ma un elaborato nuovo nutriente prodotto con sapiente fantasia dalla natura operosa tipica delle api. Così fu don Orione: seppe assorbire ciò che di più bello gli avevano insegnato i santi piemontesi che lo avevano preceduto, ma la sua persona e la sua opera sono un unicum di originalità, che non si confonde con quella di alcun altro. “Vi sono santi -diceva ancora l'arcivescovo di Milano- la cui interiore fisionomia, semplice e concisa, si coglie con un rapido colpo d'occhio. E vi sono santi dalle molte vite, il cui segreto spirituale è nascosto tra un succedersi di manifestazioni diverse e complesse: e pertanto è difficile … scoprire l'unità profonda della loro esistenza. Don Orione è uno di questi”.(1)

Quindi, il comandamento dell'Amore che Gesù ha donato alla Chiesa come segno distintivo dei credenti è un'espressione dell'inesauribile Amore di Dio e si realizza secondo i tempi e i luoghi, assumendo caratteristiche sempre nuove. Il Papa, nella sua recente Enciclica, ricorda questa vitalità dell' agape cristiana quando presenta la spiritualità e l'azione di alcuni santi che hanno solcato la storia della Chiesa distinguendosi come modelli di carità: dai primi sette diaconi a san Martino di Tours, dal movimento monastico fino ai santi che Benedetto XVI definisce modelli insigni di carità sociale. (2) Tra questi portatori di luce all'interno della storia è citato anche don Orione. Perché, ci domandiamo, il Papa annovera tra i santi della carità sociale anche il nostro fondatore? La risposta la troviamo nella sua vita, negli scritti e nell'Opera che ancor oggi diffonde nel mondo intero il suo carisma.

 

1) Don Orione, modello insigne di carità sociale

I santi sono i capolavori di Dio per la Chiesa e per l'umanità; essi testimoniano la sua fantasia, il suo amore per il mondo e sono il segno incarnato della sua fedeltà. I santi, però, sono anche frutto degli eventi storici della loro epoca nella quale sono inseriti a pieno titolo e di cui riflettono gli ideali e le contraddizioni. Così è anche per don Orione che venne plasmato dalla condizione rurale nella quale visse i primi anni della sua esistenza e che, di fronte ai grandi cambiamenti sociali che caratterizzarono la fine del XIX secolo e l'inizio del XX, non si accontentò di esserne semplicemente spettatore. Egli, primo santo italiano in quanto nato appena dopo l'unificazione del Paese, non poteva non venire influenzato nella sua spiritualità dalla situazione storica, sociale e religiosa dei primi decenni del nuovo Stato italiano.

1.1 L'educazione familiare .

Alcuni episodi dell'infanzia di san Luigi Orione manifestano come egli sia stato educato ad essere sensibile alle fatiche e alle idealità del popolo; la sua formazione umana e religiosa - che passò anche attraverso il duro lavoro manuale - assorbì le tensioni della questione sociale di fine Ottocento. Egli è stato un figlio del popolo, della classe degli umili lavoratori: suo padre Vittorio, selciatore, percorreva le strade del Tortonese e del Monferrato a sistemare strade e piazze con i ciottoli del fiume Scrivia. Quando Luigi fu grandicello, senza pensarci su troppo, lo tolse dalla scuola e se lo portò con sé sulle strade. In quella vita, proprio di strada – commentava di lui il noto biblista gesuita P. Vaccari – il giovanetto nutrivasi più di stenti che di pane e si abituava alla fatica non meno che alla privazione. Questo lavoro segnò il cuore del giovane Luigi e gli insegnò non solo la fatica per il pane quotidiano ma soprattutto la vicinanza con gli ultimi, con il proletariato che nei primi decenni del Novecento si stava allontanando dalla Chiesa per aderire alle recenti ideologie socialiste.

Ammirava la tenacia del lavoro dei suoi genitori e, pur bambino, seguiva con trepidazione mamma Carolina che al mattino presto usciva per andare a giornata nei campi per guadagnare dai sette agli otto soldi giornalieri: “ quella povera vecchia contadina di mia madre si alzava alle tre di notte e via a lavorare, e pareva sempre un fuso che andasse, e sempre faceva e s'industriava e faceva da donna e, con i suoi figli, sapeva fare anche da uomo, perché nostro padre era lontano, a lavorare sul Monferrato ” (Lettera 36). Più tardi, quando era ormai un fondatore conosciuto, parlando ai suoi religiosi ricordava con nostalgia gli anni in cui con la mamma e con altre donne del paese andava a spigolare i campi vicino a Pontecurone e ricordava anche i benefici fisici e spirituali ottenuti dal contatto con la terra: “ Dovreste , diceva, a scopo di rinforzare e di disciplinare lo spirito, fare in questi giorni alcune ore di lavoro di spigolatura, piegare l'osso della schiena a terra…, piegare, in spirito di umiltà, la fronte davanti alla madre terra E penso che questa mia robustezza sia una buona conseguenza di quel poco di lavoro manuale che feci da fanciullo ”. (3)

Il lavoro di spigolatore e di selciatore infuse nell'animo di don Orione un forte senso della giustizia contro lo sfruttamento sui lavoratori: “ Un orizzonte nuovo si schiude, una coscienza sociale nuova si va elaborando alla luce di quella civiltà cristiana, progressiva sempre, che è fiore di Vangelo. Lavoratori e lavoratrici della risaia, nel nome di Cristo, che è nato povero, vissuto povero, morto povero: che tra i poveri visse, che lavorò come voi, amando i poveri e quelli che lavoravano: nel nome di Cristo, è suonata l'ora della vostra riscossa ”. (4)

Se la nascita di questa sensibilità sociale nell'animo di Luigi Orione è da ricercarsi nel clima familiare di duro e onesto lavoro, il suo consolidamento è dovuto all'incontro con due grandi personalità: san Giovanni Bosco, anch'egli citato da Benedetto XVI nell'enciclica Deus caritas est , e il vescovo di Tortona mons. Igino Bandi.

1.2 L'incontro con san Giovanni Bosco

Avvenne all'oratorio di Valdocco – Torino nell'ottobre del 1886 grazie all'interessamento del viceparroco di Pontecurone: don Milanesi, prima Curato al mio paese – conferma don Orione – mi raccomandò a don Bosco per farmi accettare; e don Bosco mi accettò. Pur diversi per età e per fama (don Bosco era un fondatore ormai affermato e quasi prossimo alla morte mentre Orione era un ragazzetto di quattordici anni) i due si compresero subito tanto che il santo di Torino disse al giovane Luigi: “ noi saremo sempre amici ”.

I criteri del sistema educativo di Valdocco detto preventivo furono efficaci anche nell'animo di Luigi Orione come di tanti altri discepoli di don Bosco che sempre mirò ad un progetto di educazione integrale del giovane, in modo da formare l'onesto cittadino e il buon cristiano. Questo significava una robusta formazione umana e sociale e un'altrettanto robusta crescita della fede. Don Bosco fu tra i primi educatori a promuovere contratti di formazione degli apprendisti con i datori di lavoro, facendosi in prima persona garante di questi contratti, apponendovi la sua firma in calce. Nell'ambito della fede, poi, don Bosco aveva molta fiducia nella risposta generosa dei giovani all'impulso della grazia: e in questo atteggiamento fu pienamente ripagato dalla santità di molti dei suoi giovani, tra i quali splende san Domenico Savio. Per Luigi Orione l'esperienza di Valdocco fu molto positiva (e speriamo che l'oratorio continui a promuovere esperienze positive anche ai giovani della nostra generazione) a tal punto che, ormai anch'egli fondatore conosciuto, confidava ai suoi discepoli di tornare volentieri al santuario di Maria Ausiliatrice e di fermarsi lungamente a pregare, a rinnovare la sua consacrazione alla Vergine: “ cerco di ritornare fanciullo come in quei giorni… e di rifare le forze perdute; e vi trovo sempre molto conforto celeste ” (Lettera 7). Ma l'influsso benefico di don Bosco nei confronti di don Orione emerge soprattutto nello stile educativo di quest'ultimo che, pur integrando il metodo preventivo con caratteristiche tipicamente orionine, di fatto richiamava spesso i suoi religiosi ad avere nei confronti dei giovani quegli atteggiamenti amorevoli che a sua volta aveva apprezzato a Valdocco: “ Avviciniamo i giovani come piccoli fratelli nostri, unendo al dolce, alla mitezza e bontà anche quel contegno dignitoso - ma non abitualmente severo - che valga a conciliarci la loro benevolenza. In tutto facciamo loro comprendere che vogliamo il loro verace bene, e che li vogliamo morali, cristiani, educati, civili e formati tali da essere di onore a sé, alla famiglia, alla loro città e alla Patria; giovani educati, onesti, laboriosi e professionalmente capaci di essere un giorno bravi operai, capaci di farsi largo nel mondo, perché sapranno guadagnarsi onorevolmente la vita e potranno aiutare le loro famiglie ” (Lettera 21).

1.3 L'esempio di mons. Igino Bandi .

Oltre a san Giovanni Bosco, l'altra grande personalità che la Provvidenza mise sui passi di don Orione, per dare al suo apostolato una significativa dimensione sociale, fu mons. Igino Bandi (1847-1914) vescovo di Tortona dal 1890 al 1914, nato in Zeme Lomellina (Pavia) da genitori agiati agricoltori e pii cattolici. Le sue iniziative sociali e pastorali si moltiplicarono. Nella Lettera pastorale n. 40 scrisse apertamente: “ Sarebbe nostro desiderio che in tutte le borgate e i villaggi più popolati di questa nostra dilettissima diocesi sorgessero e fossero istituite società operaie ”. (5)

Nella relazione al Papa in occasione della Visita al limina apostolorum del 18 febbraio 1895 il vescovo Bandi ricordava come nelle città di Tortona e di Novi Ligure già da dieci anni fossero attive la Società Cattolica degli Operai per il mutuo soccorso alla quale venne dato uno statuto con approvazione ecclesiastica; parimenti la Società San Vincenzo De Paoli. Altre Società Cattoliche, sempre con statuto vescovile, erano sorte anche nelle città di Broni e Borghetto Barbera e nelle parrocchie di Mezzanabigli, Stazzano, Molino de' Torti e Corana. L'attività apostolica e sociale del vescovo era giunta anche a costituire Casse rurali a Tortona e a Broni “ soprattutto in aiuto dei contadini, affinché questi, in caso di necessità, non siano costretti a chiedere un mutuo con gravi usure; ora si tratta di fondarne altre anche in altre città ”. (6) Sempre in questa relazione il vescovo menzionava anche il recente “ collegio cattolico dovuto alla cura e all'attività di un certo chierico che sarà ordinato al più presto ”. (7) Nel 1897 redasse e pubblicò lo Statuto per le Società Operaie Cattoliche della Diocesi di Tortona mentre attuava il programma dell'Opera dei Congressi nelle sue direttive religiose, culturali, caritative ed economico-sociali. Ad animare il fervore organizzativo dei parroci e di molti laici giunse l'importante e storica Lettera pastorale di mons. Bandi del 6 marzo 1901 intitolata La questione sociale, il socialismo e la democrazia cristiana . In essa egli prese netta posizione a favore della partecipazione dei cattolici alla vita pubblica, mostrando le gravi conseguenze legate alla loro non partecipazione al voto. (8)

Per la diocesi di Tortona fu dunque fondamentale l'ispirazione del vescovo Bandi nel promuovere la formazione sociale, politica e culturale delle masse operaie; questa sensibilità venne assorbita da don Orione e ora è divenuta anche una caratteristica del carisma orionino.

Alla scuola di don Bosco e di mons. Bandi, il chierico Orione, poco più che ventenne, già custodiva nel suo cuore i germi di carità universale che presto lo avrebbero fatto conoscere al mondo.

1.4 I terremoti di Reggio Calabria – Messina e della Marsica

Alcuni avvenimenti contribuirono a manifestare il cuore senza confine di don Orione e la sua attenzione verso le questioni sociali sebbene fosse ancora un sacerdote giovane: tra i molti emergono i due terremoti che misero a dura prova la stabilità della Nazione italiana unificata da pochi decenni. Don Orione fu protagonista autorevole ed efficace dei primi soccorsi e della successiva ricostruzione in occasione di queste due calamità naturali tra le più disastrose che abbia conosciuto l'Italia del ‘900. Egli non risparmiò la sua vita per soccorrere i terremotati di Sicilia con circa 80.000 morti e di Calabria con 15.000 vittime nel solo capoluogo. Si era nel 1908. Non c'erano più strade, né indicazioni, né edifici in piedi. La gente era inebetita e inerte di fronte allo choc e al dolore. Lo stesso avvenne con il secondo cataclisma del 1915 nella Marsica. Fu proprio durante i soccorsi dopo il terremoto di Abruzzo che Don Orione ospitò nelle sue case il giovane Secondino Tranquilli, da tutti conosciuto come Ignazio Silone. Il noto scrittore nel libro autobiografico, Uscita di sicurezza , dedicò un capitolo al suo Incontro con uno strano prete di cui riporto una parte: “ Si era appena a pochi giorni dopo il terremoto. La maggior parte dei morti giacevano ancora sotto le macerie (…). Una di quelle mattine grigie e gelide, dopo una notte insonne, assistei ad una scena assai strana. Un piccolo prete sporco e malandato con la barba di una decina di giorni, si aggirava tra le macerie attorniato da una schiera di bambini e ragazzi rimasti senza famiglia. Invano il piccolo prete chiedeva se vi fosse un qualsiasi mezzo di trasporto per portare quei ragazzi a Roma. La ferrovia era stata interrotta dal terremoto, altri veicoli non vi erano per un viaggio così lungo. In quel mentre arrivarono e si fermarono cinque o sei automobili. Era il re, col suo seguito, che visitava i comuni devastati. Appena gli illustri personaggi scesero dalle loro macchine e si allontanarono, il piccolo prete, senza chiedere il permesso, cominciò a caricare sopra una di esse i bambini da lui raccolti. Ma, come era prevedibile, i carabinieri rimasti a custodire le macchine, vi si opposero; e poiché il prete insisteva, ne nacque una vivace colluttazione, al punto da richiamare l'attenzione dello stesso sovrano. Affatto intimidito, il prete si fece allora avanti, e col cappello in mano, chiese al re di lasciargli per un po' di tempo la libera disposizione di una di quelle macchine, in modo da poter trasportare gli orfani a Roma, o almeno alla stazione più prossima ancora in attività. Date le circostanze, il re non poteva non acconsentire. Assieme ad altri, anch'io osservai, con sorpresa e ammirazione, tutta la scena. Appena il piccolo prete col suo carico di ragazzi si fu allontanato, chiesi attorno a me: “Chi è quell'uomo straordinario?”. Una vecchia che gli aveva affidato il suo nipotino, mi rispose: “Un certo don Orione, un prete piuttosto strano ”. (9)

1.5 I due viaggi in America Latina

Se i due terremoti manifestarono in Italia la forte sensibilità sociale e spirituale di don Orione, i suoi due viaggi in America Latina fecero conoscere al mondo questo gigante della carità. Il primo viaggio fu dal 4 agosto 1921 al 4 luglio dell'anno successivo mente il secondo dal 24 settembre 1934 al 24 agosto 1937. Fondò molte opere parrocchiali, educative e caritative, soprattutto il Piccolo Cottolengo di Claypole in Argentina (la cui prima pietra venne posata il 28 aprile 1935) che, insieme a quelli italiani di Genova e di Milano, divenne la testimonianza concreta dell'attenzione di don Orione verso gli ultimi, verso coloro di cui la società del tempo non si occupava. Seppe coniugare con sapiente lungimiranza il servizio al prossimo con la promozione della persona umana a tal punto da poter dire in piena sincerità: “ A chi bussa alla porta del Piccolo Cottolengo non viene chiesto se abbia un nome o una religione, ma solo se abbia un dolore ”. La fondazione del Piccolo Cottolengo argentino sorse dalla decisione di allargare le frontiere della carità fino a quei luoghi dove l'abbandono e la debolezza umana si manifestavano con maggiore durezza. Di fronte a queste urgenze la carità di don Orione rispose con un'umile opera di fede e di carità, come egli stesso definì il Piccolo Cottolengo, che ha come scopo di dare asilo, pane e consolazione agli abbandonati che non hanno potuto trovare aiuto e rifugio in altre istituzioni di beneficenza.

Ovviamente tutto questo si svolgeva nella più grande fiducia nella Divina Provvidenza. Con soddisfazione comunicava ai suoi religiosi che l'importante opera di Claypole sorgeva senza debiti e, ovviamente, anche senza arricchimento: Miei cari, non ho debiti, e non ho “plata” . A questo riguardo è bello riportare un curioso episodio riferito dallo stesso don Orione: “ Mesi fa l'arcivescovo di Milano, l'Eminentissimo Cardinale Schuster, dopo aver visitato il “Piccolo Cottolengo Milanese”, disse al nostro Don Sterpi: Scriva a Don Orione, che, se tornerà dall'America con del denaro, non lo riconoscerò più per Don Orione! Quando m'è giunta la commissione, ho passato un bel quarto d'ora di ilarità, poiché, proprio in quel momento, ero anche senza scarpe, obbligato a non poter uscire di camera. Nel ringraziare il venerato Eminentissimo, ho potuto tranquillizzarLo, dicendoGli che, se dall'Italia qualche anima buona non penserà a pagarmi il viaggio, non so se e quando potrò ritornare ” (Lettere 75).

1.6 Alla testa dei tempi

Oltre alla vastità delle opere, un'altra caratteristica della spiritualità orionina che evidenzia la dimensione sociale della carità, fu la modernità dei mezzi e delle tecnologie che don Orione ha attuato per garantite accoglienza, ristoro e promozione agli esclusi; in altre parole, egli cercò sempre di stare alla testa dei tempi , come dice una sua nota espressione. Va qui ricordato che don Orione seppe unire, ad una carità di pronto soccorso una “ carità illuminata che nulla rigetta di ciò che è scienza, di ciò che è progresso, di ciò che è libertà, di ciò che è bello, che è grande e che segnò l'elevazione delle umane generazioni ” (Scritti, 111, 125). Coniò l'espressione scienza caritativa (Scritti 57, 169) per dire la compenetrazione nei contenuti e nelle finalità tra scienza e carità. (10)

Queste brevi considerazioni ci aiutano a distinguere l'intervento caritativo di don Orione da quello di altri santi, forse anche della Beata Madre Teresa di Calcutta perché, nell'intenzione del nostro fondatore, oltre che nelle scelte concrete, non vi è solo l'urgenza della carità che si dirige verso i poveri bisognosi di tutto (diremmo un pronto soccorso della carità), ma un recupero pieno, per quanto possibile continuativo, del prossimo. Così si spiega non solo l'urgenza caritativa di don Orione ma la sua attenzione a trecentosessanta gradi nei confronti di chi è nel bisogno, fossero anche persone ricche ma povere nel cuore o nobili decadute, come avvenne per la casa …. di Genova.

In don Orione l'espressione alla testa dei tempi unisce contemporaneamente modernità scientifica, funzionalità delle opere, urgenza verso le nuove povertà e apertura, di mente e di cuore, verso tutti coloro che vengono a bussare alle nostre case.

 

2) Don Orione, modello insigne di carità ecclesiale

Se la carità di don Orione si caratterizza per una evidente dimensione sociale e di promozione della persona, si qualifica anche, anzi ancor di più, per una notevole ispirazione e sensibilità ecclesiale come si costata da molti episodi della sua vita. Quella del nostro fondatore è una carità ecclesiale perché nasce dalla Chiesa, si nutre della vita della Chiesa e ha come scopo di condurre la gente alla Chiesa. Gli episodi che accompagnano la nascita del Piccolo Cottolengo di Milano sono tutti in sintonia con questo principio. Per questo cercherò di illustrare questo punto ricorrendo ad alcuni episodi che hanno come protagonisti il nostro santo, il beato Cardinale Alfredo Ildefonso Schuster e i tanti amici laici della città di Milano.

2.1 Il Piccolo Cottolengo, frutto della carità del popolo ambrosiano

La carità di don Orione è ecclesiale perché parte dal basso e coinvolge nelle sue strategie l'entusiasmo e la generosità della gente. “ Una vera gara di carità si è accesa attorno al nascente Piccolo Cottolengo Milanese ”, scrive don Orione in una lettera del 7 dicembre 1939. “ Da vicino e da lontano, fin dai primissimi giorni, ci è venuto incontro l'aiuto dei buoni ambrosiani: da chi non ci conosceva, da ricchi e da poveri lavoratori, da bimbi che hanno fatto sacrificio dei loro balocchi e offerto i loro risparmi, da malati di Ospedali, con spontanee sottoscrizioni: soccorsi in danaro, soccorsi in genere di ogni specie: pane, riso, zucchero, verdure: offerte di carta, mobili vecchi, legna, carbone… E il miracolo, iniziatosi in quel lontano novembre 1932, andò via via crescendo, e apparve più manifesto ogni qual volta la Porta del Piccolo Cottolengo si aprì ad accogliere un povero fratello infelice ” (Scritti, 62,45-48). Per capire quanto sia popolare e milanese il Piccolo Cottolengo, basterebbe scorrere la lista di quanti si sono fatti strumenti della Divina Provvidenza per tanti decenni, dalla sua fondazione ad oggi. Vi troviamo il nome degli Arcivescovi succedutisi alla guida della diocesi dagli anni '30 ad oggi, con i cardinali Schuster e Montini in primis , e poi don Benedetto Galbiati, che segnalò a don Orione la possibilità di acquistare il Restocco, don Carlo Gnocchi, Armida Barelli, l'on. Stefano Cavazzoni fondatore degli Amici di don Orione, l'architetto Mario Bacciocchi che progettò il grande complesso edilizio la cui prima pietra venne posta nel 1938, i fratelli Gina e Giannino Bassetti, Gian Giacomo e Tommaso Gallarati Scotti, il dottor Pasquale Pozzi, la contessa Atonia Caccia Dominioni… solo per citare alcuni nomi. Il Piccolo Cottolengo milanese è nato dall'intesa e dalla collaborazione di due santi e da una lunga schiera di benefattori che accompagnarono la nascita e il consolidamento di questa grande opera di carità e che tutt'ora continuano a sostenerlo con la generosità del loro cuore.

2.2 In obbedienza e con amore grande al Vescovo

Il Piccolo Cottolengo era nato e aveva iniziato a muovere i suoi primi passi al Restocco mentre si progettava la costruzione di quello nuovo, disegnato dall'Ingegnere Mario Bacciocchi. Il 7 dicembre 1938 il Cardinale Schuster presiedette la cerimonia della posa della pietra fondamentale di un nuovo padiglione. Legato a questo evento gioioso, ci fu un retroscena doloroso che mostra la sensibilità ecclesiale di don Orione e la sua obbedienza nei confronti dei pastori. A Milano, era sorta una bega per cui non si voleva fosse dato il titolo di “Piccolo Cottolengo” a quella istituzione benefica. Ebbene, “ al termine della cerimonia, quando tutti furono partiti, noi attendemmo don Orione per salutarlo – racconta il senatore Cavazzoni – ed egli, che aveva accompagnato all'automobile il Cardinale, tornò triste in viso, e quando fummo soli con lui ci disse: bisogna levare la dicitura Piccolo Cottolengo Milanese che è scritta esteriormente. Sua Eminenza me ne ha pregato, perché quel nome da fastidio a troppa gente ”. “ Ma parliamone con calma col Cardinale , dissero alcuni degli amici; cambiare nome è come ripiegare la bandiera, è come subire una sconfitta. Quel nome è legittimo, da lui approvato, è ormai noto a tutta Milano ”. “ No, no! Insiste don Orione; levate quel nome. I desideri del Vescovo per me sono ordini. E prima della sua partenza, uno striscione copriva all'esterno quel nome già tanto caro ai milanesi ”. (11)

Questo era don Orione: la carità, ma ancor prima vale la comunione ecclesiale. C'è da dire anche che poi, don Orione volle conoscere direttamente il pensiero del Cardinale perché “ solo con la benedizione di Vostra Eminenza, questo chicco evangelico potrà, seminato dalla Divina Provvidenza, svilupparsi sempre di più a gloria di Dio e a salvezza delle anime di tanta gente povera e reietta ” ( Scritti 59, 211). Giunse liberatorio, uno scritto del Cardinale Schuster: “Caro don Orione (…), stia tranquillo e non se ne turbi. Nessuna opera milanese ha preso il nome di Piccolo Cottolengo ne quindi alcuno può muoverne querela, che se, dietro l'innocuo nome fosse questione della cosa, bisogna rispondere che la Provvidenza è immensa. Continui pure la sua opera” ( Lettera del 13 aprile 1939).

Il 17 gennaio 1940, il giovane segretario di don Orione, Giuseppe Zambarbieri, ancora laico e, in futuro, sacerdote, direttore del Piccolo Cottolengo e Superiore generale della Congregazione, da Tortona fu mandato a portare all'Arcivescovo la pubblicazione che illustrava il progetto delle nuove costruzioni per gli sviluppi del Piccolo Cottolengo Milanese; vi era anche una lettera in cui don Orione rassicurava il Cardinale che non si sarebbe costruito se non per quel tanto che la Provvidenza avrebbe mandato. “ Ricordo che ero salito in arcivescovado poco prima di mezzogiorno, con una certa apprensione, racconta don Zambarbieri. Non erano sopiti i contrasti sul nome di Piccolo Cottolengo e poteva venirne ancora difficoltà. Pensare alla pena che ne avrebbe avuto don Orione, con la salute così compromessa. Da Piazza Duomo mi ero portato al Piccolo Cottolengo; con sorpresa ricevetti nel primo pomeriggio una telefonata da Monsignor Terranno che mi pregava di ripassare da lui. Sono andato subito e lo stupore crebbe quando mi vidi consegnare dal segretario del Cardinale lo stesso opuscolo che avevo portato poco prima. Sul frontespizio, con uno di quegli impulsi generosi che gli erano propri, l'Arcivescovo aveva scritto di suo pugno una benedizione, con parole profetiche: ‘ La Divina Provvidenza suole edificarsi da se la casa, senza calcoli burocratici di provvidenze umane. Io, umile Vescovo e ministro di Cristo, non posso fare altro che considerare, ammirare e finalmente benedire. E' il voto che rinnovo per il nascente Istituto, ripetendo quello del vecchio Patriarca: Crescere te faciat Deus meus, et donet tibi de rore caeli benedictionem'. La sera stessa ero a Tortona da don Orione, che lesse, tanto confortato, poi si pose in ginocchio e baciò quelle righe del santo Cardinale, dicendomi: “Vedi: questo è il fine della nostra Congregazione: dare conforto al Papa e ai Vescovi ”. (12)

  2.3 Opere di carità per l'evangelizzazione

Don Orione volle che le sue Opere caritative fossero un pulpito di evangelizzazione per tutta la società e non solo per quelli che vanno in chiesa . Da autentico apostolo cristiano egli sapeva bene che la fede è una via preziosa per promuovere sia la dignità della singola persona come della società nel suo insieme. Diede questo scopo alla sua Congregazione: “ diffondere la conoscenza e l'amore di Gesù Cristo, della Chiesa e del Papa, specialmente nel popolo; trarre ed unire con un vincolo dolcissimo e strettissimo di tutta la mente e del cuore i figli del popolo e le classi lavoratrici alla Sede Apostolica… e ciò mediante l'apostolato della carità fra i piccoli e i poveri ”. (13) Per raggiungere questo obiettivo don Orione non si fermò ad organizzare un unico e specifico ambito pastorale –la cultura o l'educazione o la catechesi – come è per la maggior parte delle Congregazioni religiose ma, avendo come fine del suo apostolato la diffusione e la conoscenza dell'amore di Cristo e della Chiesa, le attività orionine si aprirono a trecentosessanta gradi, con la preoccupazione di raggiungere i più poveri e di raggiungerne il maggior numero possibile: scuole, colonie agricole, parrocchie, case di carità per orfani, Piccoli Cottolengo… ogni struttura era adatta a manifestare la vicinanza della Chiesa verso chi fosse affamato di pane e di fede. “ Apriremo scuole; apriremo, con l'aiuto di Dio e di anime generose, un vero segretariato o ufficio di lavoro e una Casa operaia italiana… che sarà la vera Casa del popolo e del lavoro, vi sarà attigua e annessa una chiesa ma una bella chiesa di stile italiano e andranno uniti Dio e Popolo ma nel senso mazziniano no, ma nel più alto e puro senso cristiano ”, così scriveva dal Brasile ad un corrispondente ignoto il 15 dicembre 1921 (Scritti 45, 173). Nel novembre del 1939 a Genova, Don Orione concludendo un ritiro spirituale per giovani a Villa Solari, li accompagnò a visitare le numerose Case di Carità da lui istituite nella Città e dintorni. Si incontrò a sua volta con un gruppo di amici genovesi e, rivolto ai giovani, disse: “ Vedete, il Piccolo Cottolengo più che per i malati l'ho voluto per quelle persone che visitano onde attraverso la visione dei poveri, vedano presto o tardi Dio stesso ”. (14)

  Concludo questa pagina con un brano di Giovanni Paolo II pronunciato il 23 ottobre 1980 in occasione della beatificazione di don Orione e che bene riassume la sua spiritualità: “Egli si è lasciato solo e sempre condurre dalla logica serrata dell'amore! Amore immenso e totale a Dio, a Cristo, a Maria, alla Chiesa, al Papa, e amore ugualmen­te assoluto all'uomo, a tutto l'uomo, anima e corpo, e a tutti gli uomini, piccoli e grandi, ricchi e poveri, umili e sapienti, santi e peccatori, con particolare bontà e tenerezza verso i sofferenti, gli emarginati, i disperati. Così enuncia­va il suo programma di azione : " Noi non guardiamo ad altro che alle anime da salvare. Anime e anime! Ecco tutta la nostra vita: ecco il grido e il nostro programma: tutta la nostra anima, tutto il nostro cuore .” E così esclamava con lirici accenti: “ Cristo viene portando sul suo cuore la Chiesa e nella sua mano le lacrime e il sangue dei poveri: la causa degli afflitti, degli oppressi, delle vedove, degli orfani, degli umili, dei reietti: dietro a Cristo si aprono nuovi cieli: è come l'aurora del trionfo di Dio! ”.

Oggi la Piccola Opera della Divina Provvidenza è formata da 1.070 religiosi, 950 religiose e circa 200 consacrate dell'Istituto Secolare Orionino. Vasta è la componente laicale di ex alunni, volontari, operatori parrocchiali… raccolti nel Movimento Laicale Orionino. L'intera Famiglia è presente in quattro continenti (non è ancora in Oceania) e in 34 nazioni. Prossimamente aprirà una nuova sua tenda in Corea del sud.

 

 

NOTE

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1. G . COLOMBO, Non tra le palme ma tra i poveri vivere e morire , Milano, 1973, p. 16.

2. BENEDETTO XVI, Lettera Enciclica Deus caritas est , Libreria Editrice Vaticana, 2006, p. 88, n. 40.

3. Don Orione e la Piccola Opera della Divina Provvidenza, I , Roma, 1958, p. 65

4. Le più belle pagine di don Orione , Tortona, 1980, p. 39

5. AA. VV., San Luigi Orione: da Tortona al mondo, Atti del Convegno di studi, Tortona 14-16 marzo 2003 , Milano, 2004, p. 89.

6. Traduzione dall'originale latino conservato nell'Archivio Segreto Vaticano, Diocesi di Tortona 3 , in San Luigi Orione: da Tortona al mondo, p. 90.

7. Ibidem , 91.

8. Cfr Ibidem , 92.

9. I. SILONE, Incontro con uno strano prete , in Uscita di sicurezza , Firenze 1965, pp. 27-42.

10. Cfr F. PELOSO, Quali opere di carità ?, in Atti e Comunicazioni 59 (2005) p. 125.

11. Cfr F. PELOSO, Don Orione e il Cardinale Schuster. Due santi per il Piccolo Cottolengo Milanese , in Terra ambrosiana , Milano, 4 (2004) p. 47.

12. Cfr Ibidem , 48-49.

13. L . ORIONE, Lettera a don Sterpi del 22. 07. 1936; Costituzioni dei Figli della Divina Provvidenza , art. 5.

14. I. TERZI, Messaggi di don Orione , Tortona – Roma, 1996, n. 91, p. 21.

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