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Parrocchia Mater Dei.
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Della loro intima amicizia conosciamo i riflessi proiettati sulle persone e sui fatti.

Conosco abbastanza bene, per amore di figlio e per studio continuo, San Luigi Orione. Una constatazione è cresciuta approfondendo sempre più le vicende e le molteplici relazioni di Don Orione con persone d’ogni specie: ma questi santi si conoscevano tutti! C’era una rete di rapporti, di aiuto reciproco, di stima tra questi personaggi anche se, allora, non tutti e non sempre erano noti o in fama di santità. Ma tra loro si riconoscevano. Per la particolare esperienza di Dio, erano finissimi “sensori” (detectors) della santità delle persone con le quali anche solo occasionalmente venivano in contatto.

            I santi non vivono mai isolati. Si cercano. Si trovano. Si vogliono bene. Ci sono tra loro relazioni di discepolato, di paternità spirituale, di amicizia spirituale che sorpassano le normali leggi e consuetudini sociali.
           Pur con carattere, vocazione e anche carismi personali diversissimi, riconoscono con umiltà i propri limiti e condividono e si aiutano nel grande desiderio di amare Dio e di servire il prossimo. Si realizza così tra i veri uomini di Dio la forma più completa di mutua comunicazione, di scambio dei beni spirituali, di esperienze dello Spirito, di pensieri, di reciproca confidenza espressa con parole, scritti, collaborazione pratica.

            La rete di sante amicizie di Don Orione è estesissima e molto diversificata. Parte dagli incontri giovanili con Don Bosco e Don Rua, a quelli con Pio X, Luigi Guanella, Annibale Di Francia, Teresa Michel, Luigia Tincani, Card. Ildefonso Schuster, Card. Pietro La Fontaine, Pio Lorgna, Giacinto Longhin, Francesco Lombardi, Gaetano Catanoso, Giovanni Calabria… solo per citare alcuni tra i più noti servi di Dio e santi già proclamati tali. In questa rete c’era anche Padre Pio da Pietrelcina.

            E’ particolarmente interessante scoprire la relazione instauratasi tra Don Orione e Padre Pio, originalissima. La stima e l'azione di Don Orione furono determinanti per fare chiarezza su Padre Pio durante il decennio della tormenta, 1923-1933. I due erano molto “intimi” uno all’altro, eppure non si incontrarono mai di persona, nello stesso luogo.
             Della loro amicizia conosciamo solo i riflessi proiettati sulle persone e sui fatti. Ne evidenziamo alcuni.
 

             In vista del processo di beatificazione di Don Orione, fu interpellato il superiore provinciale dei Cappuccini, Padre Paolino da Casacalenda, che scrisse: “Io so con certezza che D. Orione non ha mai visto P. Pio (sottolineatura nell’autografo, n.p.) però si conoscevano molto bene in spirito”.

             Padre Agostino da San Marco in Lamis, guardiano del convento di San Giovanni Rotondo, assicurò: “Ho interrogato il nostro P. Pio. Mi ha risposto che lettere direttamente scritte da Don Orione a P. Pio o da questo scritte a D. Orione non ci sono mai state. Don Orione ha scritto a Padre Pio per terze persone, le quali poi hanno risposto a nome di Padre Pio. Certo che le due Anime di Dio si conoscevano intimamente, anche senza essersi mai incontrate. Ma queste relazioni sono note solo al Signore”.

             Francesco Morcaldi, sindaco di San Giovanni Rotondo ed Emanuele Brunatto, personaggio geniale e inquieto, furono i due strenui difensori di Padre Pio assieme a Don Orione durante “il decennio della tormenta, 1923-1933”. I Due furono il principale canale di comunicazione tra Don Orione e Padre Pio, essi stessi pervasi dell’influsso di entrambi i santi, come scrisse e ripeté tante volte il Morcaldi: “Io ho avuto la grazia di vivere vicino a due grandi santi: Padre Pio e Don Orione”. Mentre Brunatto si autodefiniva "il pubblicano" tra due santi.

             La contessa Virginia Salviucci, una benefattrice romana della Piccola Opera di Don Orione, cognata del Cardinale Silj, presente anche nelle vicende di Padre Pio, sempre accomunava nel ricordo sia Padre Pio che Don Orione. Superata una terribile pleurite che l’aveva ridotta in fin di vita, scrive al venerabile Don Carlo Sterpi, collaboratore e successore di Don Orione: “Per intercessione della Santa Madonna, del caro Padre Don Orione, Padre Pio, Padre Cappello, e Sua s’intende, il Signore mi ha miracolata e ciò lo devo dire alla sua maggior gloria e onore". E’ senza data un suo ricordo.

Un uomo di mia conoscenza era caduto dal terzo piano di un fabbricato, essendo muratore. Ne uscì così malamente conciato che, pur scampando la morte, non potè più rimettersi al lavoro, non solo, ma soffriva dolori continui. Questo operaio si presenta a Don Orione, che aveva fama di santo, e pretende il miracolo per poter tornare a lavorare e sostenere la famiglia. Don Orione si schermisce:
- Caro, non sono mica un santo per fare i miracoli! Senti, però, in Puglia c’è un frate cappuccino che fa miracoli… Vacci a nome mio.
Dopo una settimana, l’operaio torna giubilante da Don Orione.
- Padre! Padre! … e gli scuote festosamente la mano davanti agli occhi. Sono andato da Padre Pio e quando gli ho fatto la domanda a nome suo, mi ha detto: “Beh, se è Don Orione che ti manda…”. E mi ha benedetto il braccio con un segno di croce e ora sono completamente guarito”.

             Racconta invece il Beato Padre Gaetano Catanoso, di Reggio Calabria.

“Nel 1922, ero stato a S. Giovanni Rotondo, da Padre Pio, insieme al Can. Don Giovanni Calabrò, Parroco di Condera. Avevo bisogno di qualche consiglio. Padre Pio portava i guanti che coprivano la palma delle mani; non ricordo quando a P. Pio venne proibito di celebrare in pubblico. I commenti furono tanti e diversi ed allora ebbi un pensiero: che pensa D. Orione di Padre Pio?
Dopo qualche anno mi sono visto con Don Orione. Eravamo a S. Prospero (Istituto di Don Orione a Reggio Calabria) in molti, di dopo pranzo, nella sala della direzione. Io in un angolo guardavo Don Orione che passeggiava lungo il corridoio. Ritornò allora nella mia mente il pensiero di saper che cosa pensasse D. Orione di P. Pio, pensiero non manifestato ad alcuno. In questo frattempo Don Orione affretta il passo, e quando mi è vicino, toglie dalla tasca un grande zucchetto monacale, me lo calca sulla testa, e mi dice sotto voce: “È di P. Pio”. Se lo rimette subito in tasca, e torna a passeggiare come prima.

Si sono accorti gli altri? Non lo so, io rimasi confuso, direi stordito, ma felice”.

               Don Giuseppe Dutto, orionino per lunghi anni superiore in Argentina e Uruguay, ha scritto: “Un avvocato di Montevideo, l’avvocato Moretti, un convertito ora molto fervoroso, parlando con Padre Pio a San Giovanni Rotondo, disse che conosceva Don Orione (difatti, l’aveva visto a Montevideo; e questo è di molti anni fa) ed allora P. Pio disse a questo avvocato, riferendosi a Don Orione: “Quello sì che è un santo!.. io non sono neppure degno di toccargli l’orlo del vestito!”.

                Maria Mancuso Giardinetti, moglie di un noto avvocato di Roma e penitente di Padre Pio, aveva chiesto a Don Orione di fare da “padrino” al figlio Mario. Aveva dato la notizia a Padre Pio. “Questi è stato contento ch’ella è il padrino di Mario, e dice così: Migliore scelta non avreste potuto fare”.

            Le espressioni di stima e di interessamento reciproco tra Padre Pio e Don Orione si spingono fino agli ultimi giorni di vita di quest’ultimo, spentosi a Sanremo il 12 marzo 1940.

             Don Umberto Terenzi, sacerdote romano, apostolo del Santuario del Divino Amore, fondatore di Istituti religiosi ha scritto: “Lunedì 4 marzo 1940, mi trovavo a San Giovanni Rotondo da Padre Pio da Pietrelcina, del quale più volte Don Orione mi aveva parlato come di persona conosciuta bene, dicendomi sempre: ‘Io non l’ho mai visto e il non averlo mai incontrato mi ha giovato assai per cooperare a fargli restituire dalle autorità ecclesiastiche superiori il libero esercizio del ministero sacerdotale - confessioni, predicazione, Messa in pubblico -, di cui era stato privato. Anche Padre Pio, nelle mie visite a lui fatte, più volte mi aveva parlato di Don Orione come di una persona conosciuta. Quale la natura della loro conoscenza, Dio sa”.
Don Terenzi fu inviato a Sanremo da Padre Pio stesso che gli disse: “Lo sa che Don Orione sta male?’. Da San Giovanni Rotondo accorse direttamente a Sanremo e stette con Don Orione quasi due giorni: era in convalescenza e stava benino. Partì alle 8 del mattino del 12 marzo e alle 22.30 della sera Don Orione stroncato da infarto.

            Tullia Soster era di Strigno (Trento) e si definiva “figliuola spirituale di Padre Pio dal 1920”. Fu impedita di andare a San Giovanni Rotondo e da molti anni si era affidata a Don Orione.  Ebbene, scrive a Don Orione l’8 marzo 1940: “Crede lei che io debba o possa andare dal Rev.do P. Pio a S. Giovanni Rotondo?”. E Don Orione, da Sanremo, gli risponde il pomeriggio dell’11 marzo, vigilia della sua morte: “Andate pure da quella Persona: portate i miei rispetti e invocate una preghiera per la mia sincera conversione”.

 
           Don Orione e Padre Pio non persero occasione per trasmettere attraverso comuni amici o beneficiati il proprio saluto, la propria stima, la propria comunione di preghiera.

            Don Giovanni Monteleone, ricorse a Don Orione per regolarizzare la propria situazione. A fine 1939, si recò a far visita all’Arcivescovo di Bari, Mons. Marcello Mimmi, poi Cardinale, ed anche a Padre Pio. Scrive a Don Orione da San Giovanni Rotondo, il 31 ottobre: “Son venuto a trovare P. Pio da Pietrelcina e ho manifestato a Lui lo stato attuale delle mie cose, nonché il parere del mio Arcivescovo. Egli mi ha consigliato a procedere in tal senso, e mi incarica di dirLe che ‘egli prega sempre per Vostra Paternità e si raccomanda perché anche Lei faccia sempre lo stesso per Lui’”.

            Il Dott. Cesare Ravasi poté confessarsi da Don Orione durante il ritiro minimo per laici, al quale l’aveva invitato nel novembre del 1939, a Villa Solari di Fegino (Genova): “Andai a confessarmi da lui, e tra l’altro mi disse: la carità di Dio è così grande che noi uomini, per quanto la possiamo sentire viva nel nostro spirito, al suo confronto, ne siamo soltanto come ‘inzuccherati’. Mi recai poi, circa un anno dopo, dal Padre Pio da Pietrelcina, e, confessandomi da lui, con mia meraviglia, mi sentii ripetere – a proposito della infinita bontà di Dio – lo stesso concetto, espresso con le stesse parole che io avevo udito da Don Orione”.

            Ci fu anche chi volle fare dei… paragoni tra i due santi. L’ingegnere Paolo Marengo di Genova, che prestava a Don Orione tanti servizi e tante filiali attenzioni era un’anima molto semplice, schietta, incantato della bontà. S’era messo nelle mani di Don Orione; ma andava anche da Padre Pio. A lui Don Orione consegnò più d’una volta il pane dell’amicizia da portare a San Giovanni Rotondo in dono a Padre Pio.
            Un giorno l’ing. Paolo Marengo uscì di primo impulso con Don Orione in questo giudizio di confronto: “Perdoni, se glielo dico: lei e Padre Pio sono due santi, con la differenza che lei è santo furbo e Padre Pio è un santo meno furbo”. Don Orione non divenne rosso e non si smarrì di fronte a questa candida impertinenza. Rispose all’ing. Marengo prontamente e con arguzia, con una frase che, del resto, gli era abituale: “Sappi che di santi balordi in Paradiso non ce n’è”. Così difendeva ancora una volta la semplicità e la saggezza di Padre Pio.      

            Il 18 marzo 1940, sei giorni dopo la morte di Don Orione, Padre Pio scrisse alla Baronessa Antonina Lagorio queste parole: “La dipartita di Don Orione mi ha riempito l’anima di tristezza. E’ una gran perdita per la Chiesa militante. Preghi il Signore per noi, e noi con i suffragi affrettiamogli la visione di Dio”.
 

            Padre Pio, dopo la morte di Don Orione, estese la sua benevolenza a Superiori, Confratelli, Amici della Piccola Opera della Divina Provvidenza, tutti amabilmente accogliendo e benedicendo, a tutti offrendo edificazione e conforto.

             Don Luigi Orlandi, postulatore orionino, fu spesso a San Giovanni Rotondo. “Abbiamo avuto la felice ventura di comunicare di persona con Padre Pio. Abbiamo potuto sedere a mensa con Padre Pio, dormire accanto alla sua cella, servirgli la Messa e trattenerci con lui a parlare per qualche tempo. Ogni volta che ci fu concesso di intrattenerci con Padre Pio, dopo esserci presentati come figli spirituali di Don Orione, ci accoglieva con segni di eccezionale letizia, proprio perché figli di Don Orione”.
             Ancora Don Orlandi ricordò una scena: “Siamo rimasti colpiti soprattutto da quello che Padre Pio ci disse mentre lo accompagnavamo dal luogo dove era solito fare il suo ringraziamento alla Messa: indicandoci, dall’alto della finestra, la gente che nel piazzale attendeva la sua benedizione o di potersi confessare, ci disse: Vede? Quella gente lì, se non stiamo all’erta ci spinge a casa del diavolo...”.

             A Don Pietro Stefani, della comunità del santuario dell’Incoronata a Foggia, vicino a San Giovanni Rotondo, più che le parole restò impresso un gesto di Padre Pio. “Feci una lunga fila per poter salutare Padre Pio. Quando gli dissi che ero della Congregazione di Don Orione, uscì in una triplice esclamazione: Oh, Don Orione! Oh, Don Orione! Oh, Don Orione! Aveva il tono di chi ricordava una persona di cui era grandemente riconoscente e devoto”.

             Don Carlo Pensa, 2° successore di Don Orione alla guida della Congregazione, ricorda: “Andammo una volta, Don Callegari ed io, da Padre Pio; era per entrambi la prima volta, nessuno di noi lo conosceva. Mentre entravamo dalla porta del convento egli usciva dalla chiesa e ci incontrammo. Avemmo la sorpresa di vedere che egli ci conosceva… Volgendosi a Don Callegari e parlando con me: ‘E questi, vedi, è un sacerdote che ha troppa fretta: vuol fare un santuario, lo vuol fare subito… Si lo farai, il santuario, ma col tempo… ci vorrà il suo tempo, farai tutto’. E a tutti e due: ‘Siete di Don Orione, eh? Quel santo sacerdote! L’ho conosciuto, l’ho conosciuto!’”.

             Don Giuseppe Zambarbieri, 3° successore di Don Orione, andò più volte da Padre Pio e ricorda: “Sempre ho riportato tanta edificazione e conforto per la particolare benevolenza verso la nostra famiglia religiosa”.

             Don Ignazio Terzi, 4° Superiore generale della congregazione orionina, fu a San Giovanni Rotondo nel lontano 1936, quando aveva 16 anni. Ricorda l’estrema povertà del paese e del convento. Ricorda che incrociò Padre Pio nel corridoietto ed essendo soli si azzardò a chiedere: “Padre, lei ha delle visioni?”. E Padre Pio, tra il seccato e il faceto, gli prese il mento e gli disse: “Figlio mio, ma che vai dicendo? Che vai dicendo?”.
            Don Terzi ricorda soprattutto la Messa di Padre Pio. “Durava forse due ore. Nessuno fiatava, tutti erano assorti nel contemplare il frate che non pareva più di questa terra. Si irrigidiva come estatico, vedeva tutto come in un altro mondo, si girava per il Dominus vobiscum e solo allora – ci avevano preavvisati prima – si potevano vedere bene le stigmate”. Don Terzi tornò a San Giovanni Rotondo varie volte. “Molti anni dopo quante cose erano cambiate! Ma la Messa era sempre quella, come durata, come intensità, come impressione”.

 

                 Concludo questa raccolta di “riflessi” dell’amicizia tra Don Orione e Padre Pio con una icona.

             Nel 1999, quando stavo curando con l’Editrice Jaca Book la pubblicazione del libro Don Orione e Padre Pio da Pietrelcina nel decennio della tormenta: 1923-1933, volli chiedere un dipinto da mettere in copertina ad Antonio Boatto, artista molto noto ed ex allievo di Don Orione. Conoscendo il tipo di amicizia intercorsa tra i due, egli realizzò un’immagine, a pastello, “dove i due personaggi si guardano e si riconoscono di riflesso, attraverso la comune passione che è la luce di Cristo”.

            Don Flavio Peloso

 

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